11 Ottobre 2011 - Centro nutrizionale, Mercato, Djamban e Bambea

 

 

"Amore e giustizia voglio cantare,

voglio cantare inni a Te o Signore."

 

 

 

 

Nella messa di stamattina Don Ivo è stato particolarmente ispirato: ha ricordato l'importanza da un punto di vista umanitario e solidaristico del lavoro fatto per questa gente, ma in particolare l’importanza del lavoro fatto per formare uomini e donne cristiani sempre più consapevoli della loro fede. Le due cose in realtà non sono disgiunte ma frutto di un unico impegno di uomini e donne che hanno fatto proprio il messaggio di Cristo.

 

Un ricordo va anche ai 24 cristiani copti morti in Egitto negli scontri con l’esercito la notte precedente tra il 9 e 10 ottobre, i primi sentori dei quello che sarà poi la “Primavera Araba”. E infine una preghiera speciale per la pioggia che manca oramai da due settimane. Don Ivo è ogni giorno più preoccupato per il ritardo della pioggia e con il senno di poi capisco quanto avesse ragione.


Il rientro in missione è sempre gioioso con Suor Rosa e i bambini che ogni mattina non aspettano altro che il passaggio fino a scuola con la macchina di Don Ivo. I bambini cambiano ogni mattina, dipende da chi è più rapido a salire finché c’è posto. Però non manca mai Maio che questa mattina si è seduto accanto a me. 

 

I bambini curiosi e eccitati sulla macchina di Don Ivo diretti a scuola
I bambini curiosi e eccitati sulla macchina di Don Ivo diretti a scuola

 

All'ingresso della missione, davanti al cancello, un asino ci sbarra la strada. Don Ivo quasi lo investe pur di indurlo a spostarsi ma lui non si muove di un centimetro e continua serafico e annoiato a masticare la sua erba non degnando di uno sguardo nessuno. Interviene Suor Rosa scendendo dall’auto e sbraitando contro l’asino che però sembra sordo totale. Le invettive di Suor Rosa almeno hanno l’effetto di attirare l'attenzione di un bambino di una casa vicina e che in un secondo fa spostare docilmente l'asino. Come se fosse la cosa più semplice e naturale di questo mondo.

 

Entrando in missione si vede tutto il terreno bruciato intorno alla scuola. Ieri sera alcuni aiutanti della scuola hanno bruciato le sterpaglie ma, invece di strapparle, raccoglierle e bruciarle in un mucchietto controllato, hanno eseguito la richiesta delle suore alla lettera bruciando le sterpaglie e basta. Hanno quasi ucciso un piccolo baobab con il fuoco ma il baobab è un albero molto resistente e per fortuna si riprenderà. Hanno fatto il lavoro che gli è stato chiesto senza probabilmente capire realmente a cosa servisse. Capita spesso di assistere a lavori incompiuti, abbozzati e non portati a termine. Per esempio stamattina mancava l'acqua. Qualcuno ieri ne avrà avuto bisogno ma ha dimenticato in un bagno un rubinetto aperto facendo consumare tutta l’acqua della cisterna di raccolta. Ad onor del vero i rubinetti presenti nella scuola sono appena appoggiati sui lavandini ed è facile che vengano lasciati aperti se non si fa attenzione nel chiuderli. Ecco un altro esempio di lavoro incompiuto: perché non fissare in modo corretto i rubinetti al lavandino? Ma da queste parti è già una grazia avere l’acqua corrente e in tutta Bigene i rubinetti credo che esistano solo nella missione di Don Ivo e nella casa delle Suore.

 

Mentre Don Ivo va a ripristinare l'acqua nella cisterna, io vado ad assistere ai bans che i bambini fanno prima di iniziare le lezioni. Dalle 8 alle 8.30 i bambini che arrivano alla spicciolata si riuniscono sotto una tettoia e i professori e la stessa Suor Rosa li fanno cantare e ballare. Cerco di scattare qualche foto di sorpresa ma alla fine mi scoprono sempre. Alcuni poi non aspettano altro che gli faccia una foto ed è impossibile coglierli di sorpresa come vorrei. Anche Maio e i suoi amici giocano alla lotta e spesso sbirciano nella mia direzione per vedere se li sto guardando. Pure il cane di Don Ivo si aggira tra i bambini e partecipa a modo suo ai balli. Alcuni dei bambini più piccoli si avvicinano lentamente a me e una bambina, prendendo coraggio un po’ alla volta, comincia a toccare e accarezzare il mio braccio che le deve sembrare così strano, così bianco.

 

Alle 8.30 tutti i bambini sono arrivati e, classe per classe, i professori li accompagnano nelle rispettive aule. Vengono radunati in file ordinate che però rimangono tali solo fino a quando cominciano a muoversi. Allora si disperdono in un disordine gioioso ma sempre rispettoso del professore che, anche nel disordine degli ultimi giochi, viene comunque seguito dalla sua scolaresca fino in classe.

 

I bambini arrivano alla spicciolata alla scuola della missione
I bambini arrivano alla spicciolata alla scuola della missione
Sempre sorridenti quando si tratta di fare una fotografia
Sempre sorridenti quando si tratta di fare una fotografia
La tettoia sotto la quale si radunano i bambini prima dell'inizio delle lezioni
La tettoia sotto la quale si radunano i bambini prima dell'inizio delle lezioni
Suor Rosa conduce le danze!
Suor Rosa conduce le danze!
Anche il cane di Don Ivo partecipa alla festa
Anche il cane di Don Ivo partecipa alla festa
Maio abbracciato ai suoi amici
Maio abbracciato ai suoi amici
Anche a Bigene ci sono le bambine stilose
Anche a Bigene ci sono le bambine stilose
Tutti in fila pronti per andare in classe
Tutti in fila pronti per andare in classe
Tutti dietro il professore
Tutti dietro il professore
Verso le classi
Verso le classi

Visita al Centro Nutrizionale

 

Alle 9, come concordato la sera prima con Joaquim, andiamo al centro nutrizionale dove troviamo già una ventina di donne con i loro bambini ed il secchio pronto per essere riempito di pappa. Prendono il numero scritto su un pezzo di cartone appeso a un gancio alla finestra e si siedono su una panca in attesa del proprio turno. Joaquim aspetta ancora un po’ prima di iniziare le visite perché oggi è giorno di mercato e molte donne adesso sono lì, al mercato; arriveranno solo più tardi. E proprio grazie al mercato, dopo aver fatto i propri acquisti, oggi verranno  al centro nutrizionale tante donne dai villaggi vicini.


Joaquim prima di iniziare le visite vere e proprie aspetta che ci sia un buon numero per comunicare gli avvisi-suggerimenti validi per tutte le mamme. Alcuni suggerimenti per noi sono banali, eppure chissà quanti bambini hanno salvato i consigli di Joaquim. Come per esempio: “Lavate i bambini con l'acqua calda, scaldatela al sole, altrimenti i bambini possono prendere la polmonite”.

 

Tra le mamme in attesa ce n’è una con due gemelli, molto comuni da queste parti. E poi c’è una mamma sempre seria con un bambino fortemente denutrito tanto che la pelle gli si raggrinzisce sulle ossa. Dopo poco arriva una mamma con un bambino ricoperto da piaghe su tutto il corpo che ricordano la nostra varicella ma molto più grave. Nonostante le piaghe impressionanti per la vastità e profondità il bambino non si lamenta, sembra sereno, o forse è intontito dalla febbre. Joaquim chiede di dove è (di Barro), se è passato dall’ospedale (sì), cosa gli ha detto il dottore. La mamma ci fa vedere un certificato medico del 4 ottobre dove però si parla solo di malnutrizione. Joaquim allora chiama il dottore di Barro che conferma che il 4 non c'erano quelle piaghe e chiede di mandargli il bambino per una nuova visita. Il medico dell'ospedale di Barro è in realtà un semplice infermiere ma è l'unico dottore disponibile da queste parti e pur nei suoi limiti si dà da fare per aiutare gli abitanti di Barro e dei villaggi vicini.

 

Mamme e bambini in attesa con i secchi da riempire con la pappa
Mamme e bambini in attesa con i secchi da riempire con la pappa
Il gancio con i numeri per regolare il flusso delle visite
Il gancio con i numeri per regolare il flusso delle visite
La madre con il bambino denutrito
La madre con il bambino denutrito
Joaquim e Suor Binna parlano con le donne in attesa
Joaquim e Suor Binna parlano con le donne in attesa
Un bambino cerca il cibo nel secchio che deve ancora essere riempito
Un bambino cerca il cibo nel secchio che deve ancora essere riempito
La mamma con i suoi gemelli insieme alla mamma con il bambino denutrito
La mamma con i suoi gemelli insieme alla mamma con il bambino denutrito
I gemelli
I gemelli
Madre e figlio con i vestiti coordinati
Madre e figlio con i vestiti coordinati
Bambine in attesa
Bambine in attesa

 

A Bigene l'ospedale è dotato di un'ambulanza, un ostetrica e un infermiere. Però se vuoi che l'ambulanza venga a prenderti costa 10.000 franchi (15 euro) quando uno stipendio medio è sui 30.000 franchi o poco più. Per chi ha uno stipendio ovviamente: la maggior parte delle persone vive di quello che produce la terra e del piccolo commercio che ne può fare. L'infermiere di Bigene non vale quello di Barro: è sempre seduto a giocare a dama e si muove solo se lo si va a cercare. Con queste premesse ci sta che gli abitanti di Bigene si fidino più dei kurandero, di chi caccia il malocchio e simili invece che della medicina occidentale.


Joaquim non è un infermiere e non può prescrivere medicine ma seguendo un protocollo oramai consolidato verifica lo stato di malnutrizione e distribuisce gli alimenti appropriati. Pesa i bambini, ne misura l’altezza e la circonferenza del braccio.

 

Insieme all’età del bambino da questi dati capisce se il bambino è denutrito o meno. Ma  soprattutto Joaquim dà utili consigli a tutte le mamme che si presentano al centro nutrizionale per svezzare e allevare al meglio i bambini indirizzando le mamme, quando lo rileva necessario, verso i medici più competenti. Eventualmente fino a Ingorè sulla strada che da Bissau porta in Senegal.

 

Assisto quindi alla preparazione dei sacchi con zucchero e soia per la distribuzione alle visitatrici del centro. I sacchi una volta aperti non vengono buttati via ma serviranno per mille usi, anche per rattoppare le buche che le piogge creano lungo le strade. Così come le corde che li chiudono non vengono strappate via ma tagliate con cura e appese alla finestra per poi recuperarle.

 

Djamba prepara i sacchi per la distribuzione del cibo
Djamba prepara i sacchi per la distribuzione del cibo
Sama aiuta Djamba a preparare i fusti per la distribuzione del cibo
Sama aiuta Djamba a preparare i fusti per la distribuzione del cibo
Vengono recuperati pure i fili. Si notino i buchi predisposti per l'impianto elettrico. Il collegamento con i pannelli fotovoltaici verrà realizzato poche settimane dopo la mia visita
Vengono recuperati pure i fili. Si notino i buchi predisposti per l'impianto elettrico. Il collegamento con i pannelli fotovoltaici verrà realizzato poche settimane dopo la mia visita
Bambini al peso
Bambini al peso

Joaquim e Djamba misurano l'altezza di un bambino
Joaquim e Djamba misurano l'altezza di un bambino
Joaquim e Suor Binna con Don Ivo
Joaquim e Suor Binna con Don Ivo
La scatola dove si recuperano i numeri di prenotazione
La scatola dove si recuperano i numeri di prenotazione
Alcune mamme con i loro bambini al centro nutrizionale
Alcune mamme con i loro bambini al centro nutrizionale
Suor Binna al lavoro
Suor Binna al lavoro
Il bimbo più denutrito che ho visto al centro nutrizionale
Il bimbo più denutrito che ho visto al centro nutrizionale

 

Il lavoro diventa man mano sempre più frenetico e Joaquim, Suor Binna, Djamba (che conosce tutte le lingue locali ed è spesso indispensabile per comunicare con le mamme dei villaggi più remoti) e Sama (il papà di Ivo IV, un bambino che tempo addietro ha rischiato di morire disidratato dopo un giorno intero passato sulle spalle di sua mamma), sono tutti impegnati nelle visite, nel peso, nella misurazione dell’altezza del bambino e nella distribuzione del cibo.


Mentre le visite procedono Don Ivo con 1000 franchi, 1 euro e mezzo, compra le banane che una bimba ha portato in un vassoio  e le fa distribuire alle mamme e ai bambini in attesa. Mentre assisto curioso a tutti i piccoli lavori che compongono l’attività frenetica del centro, due bambini, incuriositi dalla mia macchina fotografica, si avvicinano a me. Oltre a fargli la solita foto che mi chiedono tutti i bambini, gli faccio vedere cosa si vede dallo schermo mentre si muove la macchina: Djamba che pesa un bambino, la loro mamma che parla con Suor Binna. Basta questo per diventare amici.

 

In attesa fuori dal centro
In attesa fuori dal centro
La bambina che ha portato le banane
La bambina che ha portato le banane
Bimbo attratto dalle banane
Bimbo attratto dalle banane
distribuzione delle banane
distribuzione delle banane
I bambini con cui ho fatto amicizia facendoli giocare con la macchina fotografica
I bambini con cui ho fatto amicizia facendoli giocare con la macchina fotografica

 

Nel frattempo le visite continuano. Uno dei bambini, neanche tra i più magri che ho visto, al peso non arriva a due chili e mezzo. Andranno avanti così tutta la mattina e lo stesso domani. Gli altri giorni il lavoro è molto meno frenetico ma il centro è sempre aperto per chi ha bisogno. I bambini più gravi torneranno la prossima settimana per una visita di controllo; gli altri tra 2 o 4 settimane, a seconda delle condizioni.


Fino all’anno scorso i sacchi di cibo erano per lo più forniti dal PAM, Programma di Alimentazione Mondiale. Zucchero, olio vitaminico, soia provenienti dagli Stati Uniti, dal Giappone, dall’Italia, tutto era a disposizione grazie al PAM e all’Unicef.

 

Personalmente sono sempre stato scettico riguardo queste grosse organizzazioni. E’ vero, ci sono molte inefficienze nel loro operato ma riescono a raccogliere milioni di dollari e, anche se molti dei soldi raccolti vanno sprecati, comunque scuole, medicinali, cibo arrivano capillarmente dove ce n’è bisogno. Senza il loro contributo l’opera di Don Ivo, delle suore e dei loro collaboratori sarebbe fortemente ridimensionata. Gli amici di Bissau, nonostante i loro sforzi e riuscendo a trasferire il 100% di quanto raccolto a Bigene senza lo spreco di un euro, non sarebbero mai in grado di raccogliere tanto quanto PAM o Unicef. Quindi ben vengano anche queste organizzazioni!

 

Quest’anno però il PAM ha deciso che non era più necessario fornire aiuti alimentari alla Guinea Bissau, politicamente più stabile. Ha concentrato i propri sforzi verso altre emergenze come la carestia nel Corno d’Africa o nei paesi Sub Sahariani del Sahel, poco sopra la stessa Guinea Bissau. Peccato che subito dopo questa decisione in Guinea Bissau c’è stato un tentativo di colpo di stato, il presidente è morto di malattia e la situazione politica è tornata nuovamente molto instabile. Inoltre la siccità ha rovinato il raccolto di quest’anno e sicuramente molti bambini, insieme alle loro mamme, patiranno la fame. Il poco cibo che c’è infatti prima di tutto è destinato per nutrire gli anziani e gli uomini della famiglia, poi vengono le donne e se rimane qualcosa allora mangeranno pure i bambini.

 

Nell’arco del 2011 il centro nutrizionale di Bigene ha assistito 406 mamme, 243 bambini e di questi 83 presentavano gravi segni di malnutrizione. 406, 243, 83 non sono solo numeri: sono mamme, sono bambini, sono persone… E quest’anno, con la siccità in corso e senza gli aiuti del PAM, saranno molti di più, sempre che Don Ivo riesca a procurare il cibo di cui hanno bisogno.

 

Il riso ci sarebbe, di importazione, soprattutto dall’Asia. Quel che manca sono i soldi per acquistarlo. Gli abitanti di Bigene infatti vivono dei loro raccolti; pochissimi sono gli stipendiati come il sindaco, qualche poliziotto e i maestri. Senza raccolto quindi non solo viene a mancare la fonte di cibo principale ma anche i soldi con cui acquistare altro cibo.

 

Da queste considerazioni è nato il progetto “Alimenta un sorRISO” della Onlus “Amici di Bissau”.

Mamme che lasciano il centro nutrizionale dopo la visita
Mamme che lasciano il centro nutrizionale dopo la visita

Il mercato di Bigene

 

Io e Don Ivo dopo un po’ andiamo via e facciamo un giro per il mercato. Molti dei mercanti che espongono la loro merce sono arrivati a Bigene dai villaggi vicini già dalla sera precedente. Arrivare a Bigene infatti è un lungo viaggio per strade difficili da percorrere, quindi molti dei mercanti vengono il giorno prima per essere pronti ad esporre le proprie mercanzie fin dal mattino presto.


Sulla via principale di Bigene è un susseguirsi di stuoie e teli dove i piccoli venditori, per lo più donne, espongono i prodotti della terra e del fiume che hanno raccolto nei giorni precedenti: verdura, frutta, arachidi, peperoncini, pesce dal più grosso al più minuto. Molte donne sono in attesa vicino alle botteghe dei sarti che stanno cucendo qualcosa per loro. La professione del sarto è tradizionalmente una professione maschile: le donne comprano le stoffe, per lo più provenienti dal vicino Senegal, e poi le portano dal sarto per far cucire i vestiti per sé e per i propri bambini. Tanto che spesso, come ho visto anche al centro nutrizionale stamattina, i vestiti delle mamme e dei bambini sembrano dei bellissimi coordinati.

 

Nelle vie interne invece ci sono le bancarelle più grandi dove troviamo tanti venditori di medicinali cinesi, di tabacco (100 franchi a foglia), vestiti, valige, zainetti, orologi, occhiali (tutta roba cinese), frittelle, contenitori o mestoli in plastica o latta. C’è pure un venditore di motociclette! Sempre cinesi anche quelle. Comunque tutte cose molto povere che da noi non avrebbero alcun mercato.

 

La bancarella e il venditore di foglie di tabacco
La bancarella e il venditore di foglie di tabacco

 

Con Don Ivo andiamo fino alla moschea. Accanto sorge la tettoia del vecchio mercato del pesce costruita dai portoghesi. Ma i venditori di pesce usano le loro bancarelle poste di fronte alla tettoia oramai abbandonata.

 

Girando per il mercato passiamo vicino a una porta chiusa accanto alla quale è scritto “Bar Barack Obama”. Quel bar, mi spiega Don Ivo, è stato aperto nei giorni in cui Obama stava per essere eletto Presidente degli Stati Uniti d’America. Un Africano Presidente! La gente era euforica in quei giorni. Nessuno ha lavorato il giorno delle elezioni per seguirle alla tv o alla radio. Il Presidente Africano avrebbe finalmente risolto i problemi dell’Africa. Oggi nessuno parla più del presidente africano e il Bar Barack Obama ha chiuso per sempre.


Mentre camminiamo, riflettendo su Barack Obama, mi viene da pensare a un altro personaggio illustre morto pochi giorni prima, il 5 ottobre: Steve Jobs. Leggendo su internet vedo che ogni giorno i giornali sono pieni di articoli a ricordo di questo grande uomo che ha cambiato il mondo. Sarà, ma qui in Guinea Bissau non è cambiato nulla neanche con Steve Jobs.

 

Lungo tutto il tragitto del nostro giro molte persone fermano e salutano Don Ivo. Soprattutto sono "omi garandi" come per esempio il capo villaggio di Liman a cui il primo giorno del mio arrivo a Bigene avevamo consegnato il casco di banane. Oppure l'uomo che quando siamo andati al porto di Ganturè vendeva del pesce alle porte di Bigene. Adesso lo incontriamo mentre vende magliette che porta in gran quantità in una sacca e alcune appese a delle grucce per mostrarle ai passanti. Ha sicuramente l’animo del commerciante quest’uomo. Propone a Don Ivo di comprargli una balla di magliette così poi lui le può rivendere!

 

Incontriamo anche due ragazzi che frequentano la chiesa:  Djon e Bale. Facciamo una foto insieme e con la scusa Don Ivo approfitta dell’occasione per fotografare anche il mercato senza che nessuno abbia nulla da ridire. Djon è del villaggio di Jambam e lo reincontreremo nel pomeriggio quando vi porteremo della pappa.

 

Foto ricordo con Djon e Bale al mercato di Bigene
Foto ricordo con Djon e Bale al mercato di Bigene

 

Ci avviciniamo alle donne che vendono peperoncini sulla strada e chiediamo i nomi dei vari tipi di peperoncini esposti: rotondi, allungati, rossi, verdi. Ognuno ha il suo nome e il suo impiego. Costano pochissimo ma con quei soldi queste donne comprano quelle poche cose che gli servono e che la terra non produce. La venditrice ci vorrebbe regalare delle arachidi ma Don Ivo ovviamente le paga. Ritornando verso la missione compriamo da altri venditori anche delle arance brasiliane e delle banane e in un negozietto vicino all'incrocio principale di Bigene due accendini. Don Ivo chiama questo negozietto l’Ipercoop di Bigene. Tra i gestori del negozio c'è un nordafricano: un marocchino o un libico o un tunisino, chissà. Chissà anche come è arrivato ad aprire una “ipercoop” qui a Bigene!

 

Peperoncini ed arachidi venduti al mercato di Bigene
Peperoncini ed arachidi venduti al mercato di Bigene

 

Alla fine rientriamo in missione dove troviamo gli operai che hanno ripreso i lavori per la costruzione della casa di accoglienza dei missionari. Lavorano alle dipendenze di un olandese, o un belga, non ricordo bene. Lavora a Bissau e viene apposta da Bissau fin qui per Don Ivo. Era già qualche giorno che Don Ivo lo aspettava desiderando finire i lavori per gennaio, in tempo per la visita in programma del Vescovo di Foggia.

 

Jambam e Bambea

Il percorso da Bigene ai villaggi di Jambam e Bambea
Il percorso da Bigene ai villaggi di Jambam e Bambea

 

Al pomeriggio carichiamo la macchina con 10 sacchi di pappa e prepariamo una scatola con quaderni, matite, temperini e gomme per la scuola del villaggio di Bambea. Non prendiamo sapone perché Don Ivo mi spiega che non c'è acqua in quella scuola che è stata costruita appena l'anno scorso. Prima di andare a Bambea andiamo a Jambam, il villaggio di Djon che ritroviamo in canottiera invece che nella sua sgargiante maglietta gialla di stamattina al mercato. C’è pure un nutrito gruppo di bambini che non aspetta altro che giocare con Don Ivo cantando "oh alele alelecicatomba!" Tra gli adulti, comunque giovani, molti portano legati al braccio gli  amuleti tipici della tradizione animista e Don Ivo li prende un po' in giro per questo. Loro sorridono, stanno allo scherzo, ma i ciondoli non li tolgono: meglio non rischiare e rimanere protetti contro gli spiriti.


Consegniamo al capo villaggio i sacchi di pappa e facciamo una foto con tutti gli uomini grandi e con tutti i bambini. Uno dei più piccoli rimane nascosto dagli altri più grandi, me ne accorgo e provo a prenderlo in braccio, ma lui scoppia a piangere spaventato e allora lo lascio tranquillo.

 

Il villaggio di Jambam
Il villaggio di Jambam
Consegna dei sacchi di soia nel villaggio di Jambam. In canottiera Djon, incontrato al mattino al mercato di Bigene
Consegna dei sacchi di soia nel villaggio di Jambam. In canottiera Djon, incontrato al mattino al mercato di Bigene
Foto ricordo con tutti i bambini di Jambam, da notare come nessuno abbia le scarpe...
Foto ricordo con tutti i bambini di Jambam, da notare come nessuno abbia le scarpe...

 

Salutiamo tutti e ripartiamo fermandoci un momento davanti la chiesa che gli uomini del villaggio hanno costruito da poco. Davanti alla chiesa hanno pure piantato dei fiori per abbellirla. Hanno fatto tutto da soli, senza che nessuno gli dicesse niente. La chiesa somiglia molto a una delle loro case. E' costruita con mattoni di fango, travi in palma, tetto in lamiera. Una porta e due piccole finestre sui lati. Così la chiesa è molto buia ma in compenso ci entrano pochi insetti. La soglia è rialzata e un gradino corre tutto intorno la costruzione per evitare che entrino altri animali come per esempio i serpenti.


Sopra la porta c'è una piccola croce fatta con la stessa lamiera usata per il tetto. Il pavimento è in terra battuta. La chiesa è un ottimo simbolo e fulcro d’unione per i cristiani del villaggio. In realtà nessuno di loro è ancora battezzato, sanno che la strada è lunga per diventarlo perché Don Ivo preferisce che il battesimo sia il punto di arrivo di un percorso completo, sia il simbolo dell’adesione cosciente a Cristo. Anche se non vi ha ancora celebrato messa, Don Ivo vorrebbe dotare questa chiesa, e quelle degli altri villaggi, di un crocifisso in legno da mettere sulla parete esterna vicino alla porta di ingresso. In modo che tutti riconoscano che queste costruzioni sono delle chiese. Mi sembra un'ottima idea e spero che si possa realizzare presto.

 

La chiesa di Jambam
La chiesa di Jambam

 

Proseguiamo verso Bambea. All'incrocio incontriamo Marcelo Hitler. Chissà a cosa pensavano i suoi genitori quando hanno scelto il suo nome! Sta andando a Bigene, all'ospedale, perché suo figlio ha la febbre. Gli promettiamo un passaggio appena rientriamo e quindi Don Ivo gli dice di aspettarlo. Il nostro obiettivo a Bambea è la scuola. La scuola di Bambea è stata costruita appena l'anno scorso, vicino al villaggio sparso in mezzo alla natura. Non ha porte, non ha infissi alle finestre, non ha acqua. Solo i muri e un tetto. Appoggiate alle pareti vediamo due biciclette. Sono dei professori che stanno facendo lezione. Arrivando alla scuola passiamo davanti ad alcune case e una decina di bambini ci corrono dietro sorridendo, salutando ma rimanendo timidamente a distanza.


Entriamo nelle aule e salutiamo gli insegnanti e i ragazzi. Nella seconda classe, quella dei più grandi, consegniamo il materiale didattico raccolto e facciamo una foto ricordo con i ragazzi. Alle nostre spalle, poggiata su due bastoni, c’è una delle lavagne raccolte tempo fa da Mara. Il pavimento è solo in terra battuta e si solleva polvere ad ogni passo. Dalle finestre si vedono i campi e i boschi circostanti, c’è pure una mucca che pascola pacifica lì accanto.


I ragazzi sono ben vestiti, sorridenti, pronti alle domande. Si direbbe una scuola normale se non fosse che siamo in un villaggio in mezzo a un bosco a 50 chilometri dalla prima strada asfaltata. Avessi visto questa scuola per prima, all’inizio del mio viaggio, mi avrebbe fatto parecchio effetto nel suo contrasto con tutto ciò che la circonda. Vederla adesso, dopo quasi due settimane di esperienza africana, il sentimento preponderante non è la tristezza per la condizione in cui vivono questi ragazzi ma la felicità perché hanno una scuola e perché io ho potuto portargli del materiale che li aiuterà studiare. La scuola è quella che è, nel muro mi accorgo di una crepa poco rassicurante, ma i ragazzi e i loro professori riescono a fare insieme comunque qualcosa di importante.


Mentre siamo nella scuola gli altri bambini del villaggio si avvicinano curiosi di soppiatto. Mi affaccio alla finestra per godere del panorama e li vedo che stanno strisciando contro il muro ma appena sono loro a vedermi eccoli che scappano via ridendo! Nelle aule ci sono più banchi che alunni e allora chiediamo che ce ne diano due da portare nei prossimi giorni alla scuola di Fakam. In fondo quei banchi li ha procurati Don Ivo tramite Mara e sanno che Don Ivo si preoccupa di aiutare tutti nei villaggi vicini senza fare torti a nessuno. Ma questo dei possibili torti è più un pensiero mio che dei maestri di Bambea. Loro credo non abbiano pensato neanche un secondo a dire di no a Don Ivo.


Carichiamo allora due banchi sul cassone del pickup,  il tempo di fare una foto alla scuola con di fronte la vacca uscita dal bosco e ripartiamo.

 

Il villaggio di Bambea
Il villaggio di Bambea
La scuola di Bambea
La scuola di Bambea
Una classe a Bambea
Una classe a Bambea
Gli stuedenti di Bambea. Sullo sfondo la lavagna procurata da Mara
Gli stuedenti di Bambea. Sullo sfondo la lavagna procurata da Mara
Foto ricordo della consegna del materiale didattico
Foto ricordo della consegna del materiale didattico
Panorama dalla finestra della scuola di Bambea
Panorama dalla finestra della scuola di Bambea
Recuperiamo due banchi da portare a Fakam nei prossimi giorni
Recuperiamo due banchi da portare a Fakam nei prossimi giorni

 

Al bivio ritroviamo Marcelo Hitler e lo carichiamo con noi. Saputo che siamo stati alla scuola di Bambea a consegnare del materiale didattico ci chiede anche lui dei quaderni e delle penne perché frequenta la scuola per adulti. Don Ivo gli dice di passare dalla missione quando ha finito con l'ospedale così gli darà i quaderni e le penne che desidera.

 

Arrivati a Bigene passiamo dalle suore per provare a riparare la tv ma c’è solo Suor Binna che non sa nulla della televisione, di canali o altro: l’esperta è Suor Rosa. Dopo un bicchiere di aranciata rientriamo in missione e per il televisore riproveremo un altro giorno.

 

Alla missione c’è ad aspettarci Joaquim per la consueta lezione di criolo ma oramai è tardi. Allora Don Ivo e Joaquim fanno conversazione in criolo e io ascolto e chiedo se qualche frase non mi è chiara. In un momento in cui Don Ivo si allontana per dare i quaderni a Marcelo, che nel frattempo ha finito in ospedale, Joaquin mi chiede: "Ma in Italia tutte le case hanno la luce di sera? Tutte tutte?" Mi sono sentito mancare.

 

Sa tante cose Joaquim, è vestito sempre in modo pulito, porta gli occhiali, ha due bambine e la moglie sta studiando come infermiera a Bissau. Conosce la medicina occidentale ed è la colonna portante del Centro Nutrizionale. Eppure, nonostante tutto quello che Joaquim sa, la distanza tra l’Italia e la Guinea Bissau è ancora enorme. Neanche le persone migliori della Guinea Bissau, se non sono venute in Europa, si rendono veramente conto di come è la vita da noi. Ho esitato qualche secondo: a una domanda così come rispondere? Decido di rispondere dicendo la verità: "Sì, tutte le case hanno la luce in Italia." "Ma tutte hanno i pannelli solari?" “No, soprattutto le case più nuove e più piccole” “E le altre come fanno?” “Sono collegate a delle grandi centrali dove si brucia carbone, petrolio e si genera energia che tramite dei fili raggiunge tutte le case.” Mentre diciamo questo siamo seduti nella casa di Don Ivo, con le luci accese e le ventole che girano. Come in ogni casa italiana ma impossibile in quelle di Bigene e di tutta la Guinea Bissau. Me la ricorderò sempre la domanda di Joaquim, ogni volta che accenderò una lampadina nella mia vita.

 

 

"Amore e giustizia voglio cantare,

voglio cantare inni a Te o Signore."

 

 

 

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Il sito dei Missionari di Bigene
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