12 Ottobre 2011 - Barro

 

 

 

"Come la terra produce la vegetazione,

e come un giardino fa germogliare i semi,

così il Signore Dio farà germogliare la giustizia

e la lode davanti a tutti i popoli."

 

 

 

 

Stamattina mi sono svegliato appena 10 minuti prima delle 6.30. In ritardissimo per la messa. Oramai mi sono abituato al fuso orario della Guinea Bissau (2 ore indietro rispetto all'Italia con l'ora legale) e svegliarsi così presto comincia a pesarmi. Come sempre dopo colazione ritorniamo in missione con Suor Rosa e alcuni bambini. Arrivati alla scuola Suor Rosa ci fa vedere come lo scivolo, arrivato da poco grazie all’interessamento di ex soldati coloniali portoghesi, sia già quasi rotto e che manca un bullone per fissare un'asta che collega la scala allo scivolo. Io riesco a mettere un nuovo bullone su un lato ma dove la vite è rientrata nella plastica non è risolvibile così facilmente. Non resta che sperare che duri ancora il più possibile e invitare i ragazzi più grandi a non usare lo scivolo, altrimenti ancora pochi giorni e si romperà del tutto.

 

Ospedale di Barro

 

Rientrati in missione prendiamo lo stetoscopio e lo sfigmomanometro, misuratore di pressione, che ho portato dall’Italia su indicazione di Don Ivo, e andiamo all’ospedale di Barro accompagnati da Ruberto, Bernardo e un altro ragazzo con i capelli corti raccolti in piccole punte.

 

Barro è il villaggio più grosso dopo Bigene e per la sua posizione baricentrica nel distretto di Bigene è sede dell’ospedale più importante della zona. L’ospedale è una casa comunque fatiscente con una tettoia che funge da sala d’aspetto, una sala di ricevimento, che è anche l’ufficio dell’infermiere, e altre due sale adibite rispettivamente a pronto soccorso e sala parto. Ci accolgono l’infermiere tutto fare Betu, suo fratello e il barelliere Djon.

 

Nella stanza che funziona da ufficio e sala ricevimento c’è una scrivania, uno scaffale con qualche faldone, una radio per le emergenze, un lettino con il materasso in gommapiuma e basta. Quante volte in questi giorni ho usato le parole “e basta”. Ma purtroppo è così: in Guinea Bissau, rispetto ai nostri standard, ci sono solo parvenze di case, di scuole, di negozi, di ospedali. L’ospedale di Barro si chiama così anche se non ci sono medici e non ci sono medicine se non scarti di magazzino. Mancano anche gli strumenti basilari come lenzuola sterili, guanti monouso e appunto stetoscopio e sfigmomanometro che ho portato io.

 

Alle pareti dell’ufficio dove siamo accolti ci sono alcuni poster educativi sull’aids, sulla corretta alimentazione dei bambini, diverse tabelle con dati statistici sulla popolazione (il 50% ha meno di 15 anni e pochissimi superano i 40 anni) e una mappa fatta a mano dei villaggi circostanti  rappresentati con i principali sentieri e dove i presidi medici sono evidenziati con delle croci rosse. Anche Ponta Nobo è evidenziato con una croce rossa ma nei giorni scorsi ho visto in cosa consiste il presidio medico di Ponta Nobo: una casa con la scritta sul muro “Hospital de Ponta Nobo”… e basta!

 

Il villaggio di Barro e la posizione dell'ospedale
Il villaggio di Barro e la posizione dell'ospedale
Sala ricevimento dell'ospedale di Barro
Sala ricevimento dell'ospedale di Barro
I villaggi attorno a Barro e i presidi medici
I villaggi attorno a Barro e i presidi medici

 

Ci raggiunge il capo villaggio, consegniamo gli strumenti nuovi che ho portato dall’Italia e che l’infermiere Betu prova subito su Don Ivo. Tempo addietro li aveva chiesti lui a Don Ivo e dato che era in programma il mio viaggio li ho portati io. Per fortuna li ho presi nuovi e professionali. Avrei potuto sbrigarmela con una trentina di euro ma, sapendo che erano gli unici strumenti che sarebbero stati a disposizione del medico/infermiere del posto, ho preferito prendere degli strumenti professionali con i quali poter veramente visitare i pazienti. Da listino 200 euro; il negoziante, saputo che li portavo in Africa, mi ha fatto pagare 150 euro. Un vero affare! Mediamente lo stipendio di 3-4 mesi in Guinea Bissau. Sempre ricordo per chi ha uno stipendio in Guinea Bissau. Però vedendo la soddisfazione di Betu credo che siano stati soldi ben spesi.

 

L'infermiere Betu misura la pressione a Don Ivo con i nuovi strumenti appena ricevuti
L'infermiere Betu misura la pressione a Don Ivo con i nuovi strumenti appena ricevuti
Da seduti in modo serio
Da seduti in modo serio

 

Visitiamo quindi la sala per il pronto soccorso e la sala parto. Praticamente identiche tra loro nella loro fatiscenza e identiche alla sala di ricevimento, da cui differiscono solo per l’assenza della scrivania e dei faldoni appoggiati sullo scaffale. Il secondo infermiere, fratello del primo, Betu, dopo una foto in quella che chiamano sala parto mi fa vedere una scatola vuota che un tempo era piena di guanti in lattice monouso. Il suo gesto vuol farmi vedere non tanto la scatola vuota ma in generale le condizioni limite in cui sono costretti ad operare. Ricordo che nel magazzino di Don Ivo avevo visto dei guanti monouso, oggi non abbiamo pensato a portarli, ma sicuramente lo faremo nei prossimi giorni, la prima volta che ripassiamo da Barro.

 

Il secondo infermiere di Barro nella sala parto dell'ospedale
Il secondo infermiere di Barro nella sala parto dell'ospedale

 

Usciamo quindi fuori, sotto la tettoia che funge da sala d’attesa dell’ospedale e dove infatti incontriamo diverse donne con i loro bambini in attesa di essere visitati. Sulla parete destra della tettoia noto la scritta "conductor Djon" con il numero di telefono dell'autista dell'ambulanza. Quel numero sulla parete è la cosa più vicina che ho visto al nostro 118 in Guinea Bissau. L'ospedale di Barro è tutto qua.

 

La tettoia che funge da sala d'attesa
La tettoia che funge da sala d'attesa
Foto ricordo
Foto ricordo
Djon, il "conductor" dell'ambulanza vicino al muro dove è scritto il suo numero di cellulare
Djon, il "conductor" dell'ambulanza vicino al muro dove è scritto il suo numero di cellulare
Panorama dalla tettoia del'ospedale
Panorama dalla tettoia del'ospedale

 

Prima di andare via Djon, l’autista, mi fa vedere la mitica ambulanza di cui ho tanto sentito parlare nei giorni scorsi: un vecchio catorcio con un comune fusto al posto del serbatoio e uno spoglio e polveroso pianale dove far sdraiare il malato.


Chi volesse accompagnare il malato può sedersi su un tipico sgabello bicono in legno. Lo sgabello è l’unico accessorio presente sull’ambulanza. Come già detto nei giorni scorsi, un passaggio con questa ambulanza costa 10.000 franchi (15 euro) quando lo stipendio medio mensile, per chi ha uno stipendio, si aggira intorno ai 30.000 franchi. Ma una macchina e la sua manutenzione non sono normalmente disponibili in Guinea Bissau quindi si possono capire i loro prezzi “europei”, sproporzionati rispetto al costo medio della vita in Guinea Bissau.

 

Djon con l'ambulanza dell'ospedale di Barro
Djon con l'ambulanza dell'ospedale di Barro
Il pianale che ospita il malato durante il trasporto
Il pianale che ospita il malato durante il trasporto
Bambini al pozzo di Barro
Bambini al pozzo di Barro

Barro Porto a Barro Garandi

I tre villaggi di Barro. Si vede anche dov'è Ponta Nobo visitato giorni addietro e in basso a destra si intravede la strada che porta al porto per guadare il fiume e andare verso Bissora
I tre villaggi di Barro. Si vede anche dov'è Ponta Nobo visitato giorni addietro e in basso a destra si intravede la strada che porta al porto per guadare il fiume e andare verso Bissora

 

Salutiamo gli amici di Barro e andiamo quindi a Barro Porto. Non ce ne accorgiamo ma dietro salgono due ragazzi insieme a Djon. Un po’ come i bambini della scuola al mattino, anche loro hanno voglia di fare un giro con la macchina di Don Ivo. In tutto siamo in otto, una folta delegazione. Considerando anche che a Barro Porto  vivono solo una cinquantina di adulti e 80 bambini sotto i 5 anni.


L'anziano capo villaggio è quasi cieco, un altro anziano soffre di elefantismo a una gamba. L’elefantismo è una malattia per cui una delle due gambe si gonfia a dismisura tanto da sembrare la gamba di un elefante con la caviglia larga quanto tutto il piede. Questa è già la seconda persona, dopo il ragazzo di Ponta Nobo che fungeva da portavoce del villaggio, che incontro in Guinea Bissau con questa malattia. Parlando con gli anziani del villaggio veniamo a scoprire che il pozzo del villaggio è in funzione solo fino a marzo. Da marzo a giugno, inizio della stagione delle piogge, nel villaggio di Barro Porto vivono senza acqua che devono recuperare dai villaggi vicini. Don Ivo si offre di interessarsi per scavare un nuovo pozzo. Il costo è di circa 2-3 mila euro a seconda della profondità del pozzo.


Tra gli abitanti del villaggio c’è pure un ragazzo molto bello, dal fisico statuario, che risponde alle domande di Don Ivo quando gli anziani non sanno bene cosa dire. Però interviene sempre solo in questo caso e solo se gli anziani si rivolgono a lui per delle precisazioni. Il rispetto degli anziani è fortissimo tra questa gente. Don Ivo parla della possibilità della catechesi e della messa a Barro. Ne parla come una possibilità, un’opportunità, anche per conoscersi meglio, ma non forza gli abitanti in nessuna scelta. Deve venire da loro una richiesta esplicita di evangelizzazione altrimenti Don Ivo si limita solo a presentarsi e informarsi sulle condizioni di vita del villaggio.

 

All'ingresso di Barro Porto
All'ingresso di Barro Porto
Barro Porto
Barro Porto
Barro Porto
Barro Porto
Il villaggio di Barro. In basso si vede dove abbiamo deviato dal sentiero per il porto verso Barro Garandi
Il villaggio di Barro. In basso si vede dove abbiamo deviato dal sentiero per il porto verso Barro Garandi

 

Salutiamo e ci dirigiamo a Barro Garandi. Barro Garandi è il vecchio e originale villaggio di Barro. Quando i portoghesi hanno costruito la strada che collega Bigene a Ingorè, molti degli abitanti si sono spostati vicino alla strada fondando il nuovo villaggio di Barro, mentre Barro Garandi, a dispetto del nome, è rimasto il piccolo villaggetto di tanti anni fa, raggiungibile attraverso un sentiero percorribile unicamente a piedi. Partendo da Barro Porto e dirigendosi verso il porto, il sentiero per Barro Garandi devia a destra rispetto al sentiero principale. Dal bivio al porto ci vuole ancora circa un'ora. Si arriva alle mangrovie, poi si comincia a camminare tra i granchi, poi con i piedi nell'acqua si arriva al porto, ovvero il punto in cui si ferma la canoa che porta dall'altra parte del fiume, verso Bissorra.

 

La strada che da Barro Porto conduce al porto
La strada che da Barro Porto conduce al porto

 

Noi però ci dirigiamo a destra, verso Barro Garandi dicevo. Camminiamo per circa mezz'ora lungo un sentiero circondato da acquitrini, a destra acquitrini di acqua salata e a sinistra acquitrini di acqua dolce. Una natura bellissima anche se in alcuni punti secca per il perdurare dell’assenza delle piogge e la conseguente mancanza di acqua. La mancanza di acqua è ancora più evidente quando superiamo la zona degli acquitrini e attraversiamo le risaie. Le piantine sono ancora verdi ma tutta la terra è asciutta, secca e Don Ivo le guarda preoccupato sperando che piova presto, altrimenti tutte queste piantine sono destinate a morire. 

 

Noi però deviamo a destra verso il villaggio di Barro Garandi
Noi però deviamo a destra verso il villaggio di Barro Garandi
Foto di gruppo all'inizio della camminata
Foto di gruppo all'inizio della camminata
Il tragitto da Barro Porto a Parro Garandi attraverso acquitrini, risaie e alla fine il bosco
Il tragitto da Barro Porto a Parro Garandi attraverso acquitrini, risaie e alla fine il bosco
Il sentiero è circondato da acquitrini in secca per la mancanza di pioggia da parecchi giorni
Il sentiero è circondato da acquitrini in secca per la mancanza di pioggia da parecchi giorni
In alcuni punti la terra è spaccata dal sole
In alcuni punti la terra è spaccata dal sole
Incontriamo tantissimi uccelli lungo il tragitto
Incontriamo tantissimi uccelli lungo il tragitto
Siamo quasi arrivati alla fine della zona degli acquitrini
Siamo quasi arrivati alla fine della zona degli acquitrini
Uno sguardo indietro sul percorso fatto
Uno sguardo indietro sul percorso fatto
Superati gli acquitrini iniziano le risaie che per mancanza di pioggia sono molto secche e infatti il raccolto di quest'anno sarà molto scarso
Superati gli acquitrini iniziano le risaie che per mancanza di pioggia sono molto secche e infatti il raccolto di quest'anno sarà molto scarso
Risaie e palme
Risaie e palme
Da sinistra a destra si vede la fine degli acquitrini e l'inizio delle risaie, le case isolate incontrate (maronsa) e in fondo a sinistra Barro Garandi
Da sinistra a destra si vede la fine degli acquitrini e l'inizio delle risaie, le case isolate incontrate (maronsa) e in fondo a sinistra Barro Garandi

 

Dopo altri 10 minuti, attraversando alcune moransa (agglomerati minori di case, l’equivalente dei nostri isolati in un certo senso), arriviamo al centro del villaggio di Barro Garandi dove pascolano liberamente diverse mucche, capre e bambini, in completa e gioiosa promiscuità.


Il capo villaggio non è presente al momento e ci riceve il fratello del capo villaggio che è intento a sbucciare delle foroba e non smette certo perché siamo arrivati noi. La foroba è un baccello simile alle nostre fave ma di colore marrone scuro e più grosso da cui, una volta aperto, non si ricavano dei legumi ma una sorta di farina gialla che messa nell'acqua diventa una bevanda molto nutriente. Fa molto caldo e ci allineiamo tutti sotto la stretta tettoia della casa del fratello del capo villaggio che continua nel suo lavoro.


Il villaggio conta circa 200 persone di cui, nel rispetto della casistica di tutti gli altri villaggi, la metà sono bambini. Il villaggio è parecchio isolato come abbiamo potuto constatare di persona per raggiungerlo. Gli uomini, guidati dal capo villaggio, stanno lavorando per costruire una strada più decente del sentiero attuale. Almeno se necessario può passare l'ambulanza. Don Ivo si presenta e Bernardo traduce e parla col capo villaggio nella lingua locale perche questi, benché capisca il criolo, ha difficoltà a parlarlo. Non ci sono richieste particolari da parte del fratello del capo villaggio. Rispondendo alle domande di Don Ivo racconta che sono senza religione. Nel dire senza religione si capisce che considera religioni solo quella musulmana e quello cristiana. Definendosi senza religione non vuol dire che si considera ateo, concetto impensabile in Guinea Bissau: vuol solo dire che nel loro villaggio sono della religione tradizionale animista. La religione animista è una religione molto semplice con forti legami con la natura e gli spiriti che la governano. Non possiede certo le tradizioni e la teologia che hanno l’islam o il cristianesimo. Per questo il fratello del capo villaggio si definisce senza religione. Don Ivo però, sempre tramite Bernardo, spiega che anche la religione naturale è una religione, un senso religioso degno di rispetto. Ma al tempo stesso si dichiara  disponibile, sempre che lo desiderino, a una catechesi per conoscere il cristianesimo, per conoscere Dio. Nell’animismo infatti il contatto con Dio è più oscuro, incerto rispetto al cristianesimo. Gli animisti hanno una forte coscienza dell’esistenza di Dio ma non sanno realmente come interagire con lui se non attraverso gli spiriti della natura. Dio resta qualcosa di incerto, lontano. Don Ivo è quindi disponibile a parlargli di Dio, ma solo se lo vogliono loro, senza nessuna forzatura. Nel frattempo ci si conosce, si impara ad avere fiducia reciprocamente.


Barro Garandi
Barro Garandi
Una casa di Barro Garandi
Una casa di Barro Garandi
Senso estetico a Barro Garandi
Senso estetico a Barro Garandi

 

Durante tutta la chiacchierata i bambini, che quando siamo arrivati erano in giro assieme agli animali, si sono radunati dietro l’angolo della casa dove siamo noi, in disparte. Sono curiosi i bambini, ma non si avvicinano, rimangono a distanza da questi stranieri, per giunta due bianchi. Piano piano si raccolgono attorno e sopra una grande anfora e lì li sorprendiamo quando finiamo di parlare con gli adulti del villaggio.

 

I bambini di Barro Garandi hanno smesso di giocare e un po' in disparte hanno seguito il nostro incontro con i grandi del villaggio
I bambini di Barro Garandi hanno smesso di giocare e un po' in disparte hanno seguito il nostro incontro con i grandi del villaggio
I bambini di Barro Garandi
I bambini di Barro Garandi

 

Salutiamo, promettendo un prossimo incontro, e torniamo per il sentiero percorso all’andata. Rientrando scopro anche la casa dei giovani, fatta unicamente con foglie di palma e, accanto ad essa, attraversato dal sentiero, il campo di calcio che riconosco unicamente per le due porte realizzate con sottili rami legati tra loro e conficcati nel terreno.


40 minuti lungo i sentieri appena percorsi, le case isolate immerse nella natura, le risaie, gli acquitrini e siamo nuovamente alla macchina. Lasciamo a Barro Djon e gli altri ragazzi che ci hanno accompagnato e rientriamo a casa.

 

La casa dei giovani e il campo di calcio di Barro Garandi
La casa dei giovani e il campo di calcio di Barro Garandi
Uno dei tanti maestosi baobab lungo il tragitto
Uno dei tanti maestosi baobab lungo il tragitto
Un termitaio gigante
Un termitaio gigante
Una delle maronsa, gruppo di case isolate incontrate lungo il tragitto
Una delle maronsa, gruppo di case isolate incontrate lungo il tragitto
I bambini della maronsa si avvicinano curiosi a vedere chi sta passando
I bambini della maronsa si avvicinano curiosi a vedere chi sta passando
Un ultimo sguardo in direzione di Barro Garandi
Un ultimo sguardo in direzione di Barro Garandi
Uno dei tanti punti difficili lungo il percorso
Uno dei tanti punti difficili lungo il percorso
Aquitrino un tempo di acqua salata ma adesso dolce per cui le mangrovie sono morte e sono subentrate le ninfee
Aquitrino un tempo di acqua salata ma adesso dolce per cui le mangrovie sono morte e sono subentrate le ninfee
Mangrovie
Mangrovie
Di ritorno a Barro Porto
Di ritorno a Barro Porto

 

Il pomeriggio lo dedichiamo a completare l’impianto fotovoltaico collegando le vecchie 4 batterie in parallelo alle 4 nuove messe già in esercizio nei giorni scorsi. Lavoro semplice ma al tempo stesso delicato: se sbagli e qualcosa va male non c’è nessun tecnico da chiamare. O meglio il tecnico c’è, Giuseppe, che ha montato l’impianto mesi fa, ma da Foggia e che per telefono mi spiega come collegare tutte insieme le 8 batterie disponibili per aumentare la capacità complessiva dell’impianto. Così facendo si potranno collegare e alimentare anche la scuola e il centro nutrizionale. Ma appunto Giuseppe è a Foggia, non ci sono pezzi di ricambio, e se sbaglio l’impianto semplicemente smetterebbe di funzionare per mesi prima che i ricambi, e un tecnico capace, arrivino dall’Italia. Per fortuna tutto va come deve andare e l’impianto adesso dispone di 8 batterie ed è in grado di alimentare non solo la casa di Don Ivo ma tutti gli edifici vicini: la casa dei missionari in costruzione, la scuola, la casetta dei guardiani, il centro nutrizionale, la chiesa.

 

Tutte le batterie sono collegate
Tutte le batterie sono collegate
Ultimi ritocchi
Ultimi ritocchi

 

Rimettiamo il materiale avanzato nel container dove noto che il pianale, di legno, è già infestato dalle termiti, le baga baga, che costruiscono termitai giganteschi da queste parti. Chissà quanto durerà ancora questo container appoggiato direttamente sul terreno.


Una doccia e andiamo dalle suore dove Suor Rosa ha fatto la pizza, buonissima, e una crostata alla marmellata di papaya.

 

Provo a sintonizzare la tv e impostare il telecomando universale per il videoregistratore ma senza grande successo. La cosa è più complicata di quanto sembrasse. Il televisore e il videoregistratore sono di marche sconosciute e il telecomando non li riconosce. Per l’antenna poi oramai è buio e quindi proveremo un altro giorno.

 

Prima di andar via Suor Merione mi fa vedere le tovaglie che realizzano le donne della parrocchia prendendo del lino bianco grezzo in Senegal e dipingendolo con colori sgargianti. La tovaglia viene annodata in vari modi prima di essere immersa nel colore. Si formano così dei motivi geometrici molto particolari e unici con il colore che si fissa solo nelle parti della tovaglia non annodate. Ripetendo il procedimento con colori diversi e nodi diversi si formano i disegni finali. Ogni tovaglia è così unica ed è impossibile pensare di riprodurla identica. Ne compro cinque per 50.000 franchi complessivi. Moglie, mamma, zia, sorella e cognata sono sistemate. Poi Suor Merione mi fa vedere anche dei braccialetti fatti dai ragazzi della parrocchia con delle perline prese al mercato di Bandim a Bissau. 

 

Suor Merione, Suor Rosa e Suor Binna con una delle tovaglie fatte dalle donne della parrocchia e appena acquistata da me
Suor Merione, Suor Rosa e Suor Binna con una delle tovaglie fatte dalle donne della parrocchia e appena acquistata da me
Alcuni dei braccialetti acquistati a Bigene da Suor Irma
Alcuni dei braccialetti acquistati a Bigene da Suor Irma

 

Sono uno più bello dell’altro e, non sapendomi decidere, ne prendo 13, anche questi tutti uno diverso dell’altro, per seimila franchi. Non so ancora a chi li regalerò. Uno sicuramente sarà per me. Io non porto solitamente braccialetti, men che meno etnici come questi. Chi me lo vedrà al polso e mi conosce rimarrà stupito di vederlo e sicuramente mi chiederà come mai lo porto. Ed è proprio quello che voglio, che me lo chiedano: così avrò l’occasione di raccontargli di questo fantastico viaggio, oramai arrivato quasi alla fine.

 

 

 

"Come la terra produce la vegetazione,

e come un giardino fa germogliare i semi,

così il Signore Dio farà germogliare la giustizia

e la lode davanti a tutti i popoli."

 

 

 

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Il sito dei Missionari di Bigene
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