13 Ottobre 2011 - Fakam

 

 

 

"Egli copre il cielo di nubi,

prepara la pioggia per la terra."

 

 


 

Stamattina niente messa. Ci sarà la messa comunitaria stasera, come ogni giovedì. La mattinata è dedicata a piccoli lavori in casa. Come per esempio fissare i copri inverter dell’impianto fotovoltaico. O posizionare in modo protetto e sicuro la sonda esterna della nuova stazione meteorologica che hanno regalato da poco a Don Ivo. Controllo pure le nuove casse acustiche, anche queste regalate a Don Ivo per la chiesa. Don Ivo in realtà aveva chiesto delle semplici casse da collegare a un amplificatore e a un generatore durante le celebrazioni più affollate, quando la chiesa non riesce a contenere tutti i fedeli. Un po’ come quelle usate durante i festeggiamenti del Fanado. Invece chi le ha regalate, pensando di fare cosa gradita, ha regalato delle casse molto belle in legno, professionali, da staffare a parete, come quelle che ci sono nelle chiese europee. Ma nella chiesa di Don Ivo non c’è energia elettrica. Non ci sono staffe, non ci sono canaline dove far passare i cavi. Per adesso quindi le rimetto nelle loro scatole e si vedrà se e come ci sarà modo di utilizzarle.


Essendo oramai prossimo alla partenza nella mattinata faccio alcune foto ricordo. Una foto la faccio anche al cane di Don Ivo che è stato discretamente presente tutti questi giorni tra la casa di Don Ivo e quella delle suore, a seconda di dove era più facile procurarsi cibo.

 

Il cane di Don Ivo, o delle suore? Dipende da chi gli dà da mangiare...
Il cane di Don Ivo, o delle suore? Dipende da chi gli dà da mangiare...
Dov'è la sonda della stazione meteo?
Dov'è la sonda della stazione meteo?
Un piccolo aiuto...
Un piccolo aiuto...

 

Come da tradizione, a cui Don Ivo tiene particolarmente, facciamo anche la foto ufficiale della mia visita a Bigene. Una volta stampata Don Ivo la appenderà in sala insieme a tutte le foto degli altri ospiti che mi hanno preceduto come Sergio, Don Marco o il vescovo di Foggia. Le foto degli ospiti sono ancora poche ma Don Ivo spera che siano sempre più numerosi tanto che sta costruendo una seconda casa accanto alla sua proprio per ospitarli e condividere l’esperienza della missione con la maggior parte delle persone possibile. La foto ufficiale la faccio insieme a due persone che sono state presenti ogni giorno in questa mia visita: Joaquim, che mi ha insegnato un po’ di criolo e spiegato tante cose della vita a Bigene, e Neia, la domestica di Don Ivo, di cui ho parlato poco ma di cui mi rimane un bel ricordo insieme a suo marito Alfredo e alla loro bambina triste, Renata, che però ride quando vede suo papà.


Joaquim non sta benissimo, probabilmente ha contratto la malaria, ma non se ne cura più di tanto, ne parla come se fosse un raffreddore fastidioso che passa tra qualche giorno.

 

Foto ricordo con Joaquim e Neia
Foto ricordo con Joaquim e Neia
Mentre andiamo dalle suore a pranzo i ragazzi tornano a casa dopo la scuola
Mentre andiamo dalle suore a pranzo i ragazzi tornano a casa dopo la scuola

 

A pranzo siamo invitati dalle suore. Gnocchetti pugliesi fatti in casa (non potrebbe essere altrimenti in Guinea Bissau) col sugo. Buonissimi. Dopo pranzo finalmente sistemo la parabola da un metro e mezzo, necessaria per vedere RTP, un canale satellitare brasiliano, e sistemo pure la classica antenna yagi dei nostri tetti con cui si vede il telegiornale della tv nazionale di Bissau, quando trasmette.


Miracolosamente funziona tutto:  dopo qualche tentativo e spostando le antenne un po’ per volta alla fine riusciamo a puntarle correttamente e sintonizzare i due canali. Anche se adesso funziona tutto c’ho messo un po’ di tempo e nel frattempo Don Ivo è tornato in missione a riposare.


Mentre aspettiamo il ritorno di Don Ivo per andare nel villaggio di Fakam Suor Rosa mi racconta un po’ degli inizi della missione a Bigene, delle tante difficoltà affrontate, non solo materiali ma anche di dialogo e confronto con la popolazione locale. E’ in questa chiacchierata che Suor Rosa mi racconta per esempio dei bimbi scimmia, così chiamati perché dalla denutrizione i lineamenti si deformano e assomigliano a quelli di una scimmia. I bimbi scimmia, cosi come ogni bambino con qualche handicap, sono considerati preda degli spiriti e per decidere la loro sorte si portano al fiume e si aspetta. Se la corrente li porta via vuol dire che non sono più umani e gli spiriti li portano a sé. Se la corrente li lascia lì, sulla sponda, vengono ripresi dagli uomini. Suor Rosa nei quasi vent’anni che vive qui mi dice che ha visto sparire così tre bambini da un giorno all’altro, senza che nessuno ne sapesse più niente. Continuare ad impegnarsi dopo episodi del genere non è semplice eppure Suor Rosa ha continuato.


Il ricordo più forte che mi rimane di Suor Rosa è un episodio minore ma molto rappresentativo del suo carattere. Una mattina, arrivando alla scuola della missione, vedo una ragazzina seduta su una sedia con le braccia sotto lo maglietta. E’ scossa dai brividi di freddo, probabilmente i primi sintomi della malaria. Accanto a lei c’è Suor Rosa, arrabbiata col mondo perché nessuno si è preoccupato di cosa avesse quella bambina e al tempo stesso tenerissima: se l’abbracciava e se la coccolava come una mamma con l’aria preoccupata. E la ragazzina sempre silenziosa appoggiava la testa al fianco di Suor Rosa mentre l’abbracciava. Si vedeva che si volevano bene.


Anche Suor Rosa, come Suor Merione e Suor Binna, è una donna garandi, una donna completa della Guina Bissau.

 

Foto ricordo di Suor Rosa, Merione e Binna
Foto ricordo di Suor Rosa, Merione e Binna

 

Al ritorno di Don Ivo, insieme a Suor Rosa, andiamo a Fakam dove portiamo una scatola piena di quaderni, matite e i due banchi recuperati due giorni prima dalla scuola di Bambea.


Fakam è il villaggio da cui il 6 ottobre scorso Uiè, il catechista, era venuto a trovare Don Ivo per organizzare la scuola e la catechesi del villaggio. Allora la strada era impraticabile, se non a piedi, ma adesso che sono giorni che non piove la strada è nuovamente percorribile anche in auto.


Per arrivare a Fakam si attraversa il villaggio di Tambadjan e poi Talicó da cui si devia a destra e per una strada in alcuni tratti difficile da riconoscere, in mezzo a una natura bellissima, si arriva a Fakam.


All’ingresso di Fakam i primi tre edifici sono nell'ordine la casa dei giovani, fatta unicamente con foglie di palma, la scuola, in mattoni di argilla, tetto in lamiera e pavimento in terra battuta, e la chiesa, molto simile alla scuola ma chiusa in questo momento.


La scuola invece è aperta. Infatti le scuole dei villaggi hanno solo una o due aule e le classi si alternano nelle lezioni al mattino e al pomeriggio, normalmente sempre con lo stesso professore. Quando arriviamo sono le 16.45 e troviamo i ragazzi dentro la scuola mentre i due insegnanti sono fuori a prendere il fresco, anche se l’intervallo sarebbe finito alle 16.15. Speriamo bene.


Di fronte alla scuola c’è anche il cippo di un albero tagliato e bruciato. Fino a pochi mesi fa l’albero era ancora al suo posto ma un bambino, Amidù, giocando vicino all’albero, è stato morso da un serpente nascosto in un suo incavo. I genitori sono andati dal kurandero, sorta di stregone che segue la medicina e i riti tradizionali. Hanno perso tempo e il bambino è morto prima che potesse ricevere le cure adeguate che avrebbero potuto salvarlo. Adesso Amidù giace sepolto vicino la sua casa. L’albero invece è stato tagliato e bruciato dagli abitanti del villaggio.


I banchi della scuola sono stati costruiti dagli uomini del villaggio intrecciando tra loro dei rami sottili. Sembrano dover cedere da un momento all'altro questi banchi ma in realtà sono piuttosto solidi. Anche se per niente comodi per scrivere e piuttosto pericolosi con tutti quegli spuntoni. Lasciamo quindi nella scuola i primi banchi degni di questo nome e i quaderni, le penne eccetera sufficienti per i 60 bambini che frequentano la scuola.


Fa però tristezza vedere che nel villaggio, benché siano attive le prime quattro classi, un ragazzo fa fatica a scrivere il suo nome mentre una ragazza non sa scrivere neanche quello. Ci dicono che è nuova, ma che giustificazione è? Perché l’hanno messa nella quarta classe se non è quello il suo livello? Semplicemente perché era grandicella e stava meglio in quarta? Suor Rosa è venuta perché è stata lei ad aprire la scuola di Fakam e impartire le prime lezioni; scoprire questi ragazzi così in difficoltà la fa soffrire. Alcuni dei ragazzi più grandi hanno imparato con lei a leggere e scrivere e uno di questi salutandola le chiede se gli porta una maglietta. Una semplice maglietta farebbe la felicità di questo ragazzino.


Visitiamo anche la seconda classe dove ci sono bambini più piccoli e per fortuna sembrano più preparati: leggono e scrivono con disinvoltura alla lavagna. Il successo di queste scuole nei villaggi dipende molto dai professori. La precarietà di questi professori è molto elevata: lo Stato paga gli stipendi a singhiozzo e se i genitori non pagano la loro quota la scuola si ferma, gli insegnanti entrano in sciopero, anche per mesi. Senza l'integrazione e il sostegno dei missionari la situazione sarebbe ancora più precaria. E pensare che a Bissau c'è pure l'università. Però fino a pochi anni fa non c'era la dodicesima classe, l'ultima classe delle superiori necessaria per accedere all'università! Un ragazzo che sostiene Don Ivo, e che adesso frequenta medicina a Bissau, è dovuto andare a frequentare l'ultima classe delle superiori a Capo Verde. E meno male cha aveva dei parenti da cui andare altrimenti sarebbe stato impossibile farlo proseguire negli studi.

 

Da Bigene a Fakam
Da Bigene a Fakam
I bambini di Fakam sotto la tettoia della chiesa. A destra la scuola e più piccola la casa dei giovani. In mezzo ai due sentieri ciò che resta dell'albero dove Amidù è stato morso dal serpente.
I bambini di Fakam sotto la tettoia della chiesa. A destra la scuola e più piccola la casa dei giovani. In mezzo ai due sentieri ciò che resta dell'albero dove Amidù è stato morso dal serpente.
una classe della scuola di Fakam
una classe della scuola di Fakam
Un bimbo curioso vuol vedere cosa succede
Un bimbo curioso vuol vedere cosa succede
I bambini seduti nei nuovi banchi
I bambini seduti nei nuovi banchi
La casa dei giovani di Fakam
La casa dei giovani di Fakam
Ciò che resta dell'albero dove si nascondeva il serpente che ha ucciso Amidù
Ciò che resta dell'albero dove si nascondeva il serpente che ha ucciso Amidù

 

Rientriamo verso Bigene ma prima salutiamo Sama, che lavora al centro nutrizionale di Bigene, e suo figlio Ivo IV. Alcuni giorni prima, quando lo avevamo incontrato al mercato di Bigene, Sama aveva detto a Don Ivo che avrebbe affidato per un po’ di tempo il figlio alla zia che vive a Bissau. Abbastanza normale in Guinea dove il legame genitori figli non è molto forte e invece è fortissimo il legame tra tutti i membri della famiglia. La differenza tra una mamma e una zia è minima per un bambino della Guinea Bissau.  Come mai allora Ivo IV era ancora lì con suo papà? “Sai Don Ivo, il bambino non voleva e allora non lo abbiamo più portato via.” Un papà che ascolta ed esaudisce il desiderio di un bambino! Anche questo è un segno che qualcosa sta cambiando in Guinea Bissau…


Sulla strada del ritorno incontriamo e ci fermiamo a fotografare dei pescatori che pescano in uno stagno con le reti che lanciano dove vedono formarsi dei branchi di pesce. Hanno preso parecchi pesci, anche se piccoli, e serviranno per la loro cena. I pescatori sono molto gentili, soprattutto uno che si avvicina e ci fa vedere il secchio pieno di pesce appena pescato.

 

Pescatori
Pescatori

 

Mentre siamo con i pescatori in lontananza sentiamo arrivare, e dopo un po’ vediamo, una mandria di vacche guidata da dei bambini che appena mi vedono con la macchina fotografica si avvicinano, seppur un po’ timidamente, per una fotografia. Sono bimbi fortunati perché hanno un lavoro e contribuiscono a trovare il cibo per la propria famiglia. Questo almeno nella mentalità di molte famiglie di Bigene e dei villaggi vicini. Ma che futuro possono avere questi bambini senza un’istruzione?

 

GLi occhi e le canottiere. E il bambino rimasto indietro con le mucche...
GLi occhi e le canottiere. E il bambino rimasto indietro con le mucche...

 

Proseguiamo e prima di rientrare in missione in tempo per la messa facciamo ancora una sosta a  Tambadjan per vedere la scuola di questo villaggio. Se negli altri villaggi visitati finora la scuola comunque esisteva, seppur in condizioni di precarietà, a Tambadadjan l’edificio adibito a scuola è letteralmente una struttura molto precaria.


E’ infatti costruita lungo la strada unicamente con foglie di palma e i banchi sono fatti con assi in legno recuperati dal bosco vicino. Pure gli insegnanti sono merce rara a Tambadjan: l’unico maestro che c’è si alterna tra le due classi e insegna contemporaneamente ad entrambe, passando continuamente da una classe all’altra, separate tra loro solo da una parete di foglie di palma. Fotografo pure la chiesetta del villaggio ma nella fretta di dover rientrare in missione dimentico di fotografare la scuola dall’esterno, così caratteristica nella sua precarietà, fatta di foglie di palma, e nella sua forza, fatta dalla volontà di andare avanti comunque.

 

La scuola di Tambadjan
La scuola di Tambadjan
La chiesa di Tambadjan
La chiesa di Tambadjan

 

Arrivati finalmente a Bigene si corre in chiesa dove arriviamo appena in tempo per la messa e l'adorazione eucaristica. Preghiamo per la pioggia: sono quasi tre settimane che non piove più mentre questa dovrebbe essere la stagione delle piogge e piovere ogni giorno, anche con forti temporali. A fine messa saluto Alfredo, guardiano della missione e marito di Neia, la domestica. Domani infatti è il mio ultimo giorno a Bigene e probabilmente non ci vedremo più, almeno fino al mio prossimo viaggio.

 

 

 

"Egli copre il cielo di nubi,

prepara la pioggia per la terra."

 

 

 

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Il sito dei Missionari di Bigene
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