14 Ottobre 2011 - Ritorno verso Bissau

 

 

Prima di raccontare la conclusione di questo viaggio una breve spiegazione sulle citazioni della Bibbia riportate di giorno in giorno fin qui. Sono versetti tratti dalle Lodi o dai Vespri di quei giorni, terza e quarta settimana del Salterio secondo la Liturgia delle Ore. Spesso si vede una corrispondenza tra i versetti e gli episodi raccontati. Vogliono dare un senso, una chiave di lettura a quanto raccontato a significare che, oltre il racconto di quanto visto e vissuto in quei giorni, il messaggio che si vuole condividere non può prescindere dalla visione cristiana che ho della vita.


Nell'ultimo giorno del mio viaggio quindi, invece che citare e meditare qualche versetto, concentro la mia riflessione sull'inno che chiude ogni giorno i vespri e anche questo inno presenta richiami a situazioni vissute o aspirazioni maturate in quei giorni: il Magnificat.

 

 

 

L'anima mia magnifica il Signore

e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,

(...)

Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente

e Santo è il suo nome:

di generazione in generazione la sua misericordia

si stende su quelli che lo temono.

Ha spiegato la potenza del suo braccio,

ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;

ha rovesciato i potenti dai troni,

ha innalzato gli umili;

ha ricolmato di beni gli affamati,

ha rimandato i ricchi a mani vuote.

 

 

Stamattina appena Don Ivo inizia a celebrare la messa scoppia un violento e atteso temporale. Nonostante ufficialmente siamo ancora nella stagione delle piogge in due settimane non ho ancora visto piovere un solo giorno. Che il Signore ci abbia finalmente ascoltato? Purtroppo dura solo mezz'ora e l’acqua scesa si asciuga in fretta: pochi minuti e sembra che non abbia mai piovuto. A colazione saldo i miei debiti per le tovaglie e i braccialetti acquistati l’altra sera e le suore mi regalano due vasetti di  marmellata fatta in casa. Una marmellata al mango e l’altra di un altro frutto del posto non ben identificato neanche dalle suore. Ovviamente assaggiandola in Italia non riconosco il gusto, però è buono.


Tornando in missione, forse a causa del temporale appena finito, non ci sono i soliti bambini ad aspettare un passaggio da Don Ivo. Però non manca Maio che anche questa mattina spunta sulla strada appena apriamo il cancello! Sale in macchina con la sorellina e si nascondono entrambi dietro un dito, intimiditi da me che cerco di fargli una foto. Al secondo tentativo spuntano due sorrisi che da soli rendono bella la mia fotografia.

 

Maio insieme a sua sorella si nascondono dietro un dito per la timidezza
Maio insieme a sua sorella si nascondono dietro un dito per la timidezza
Un sorriso alla fine...
Un sorriso alla fine...

 

È oramai il tempo di fare la valigia e salutare per l’ultima volta Joaquim, oramai un caro amico. Tra tante fotografie che ho fatto in questi giorni me ne manca una insieme a Don Ivo! La foto ce la fa uno dei professori della scuola della missione. Prima d’ora non ha mai tenuto in mano una macchina fotografica. Scattare è semplice, impara subito. Inquadrarci tutti due è un po’ più difficile ma dopo qualche tentativo si riesce a fare anche questo. E’ necessaria ancora qualche prova per fare la foto dritta e alla fine ce la facciamo.

 

Foto ricordo con Don Ivo davanti casa sua
Foto ricordo con Don Ivo davanti casa sua
I villaggi visitati intorno a Bigene
I villaggi visitati intorno a Bigene

 

Carichiamo il pickup con la valigia, una scatola di quaderni per i catechisti di una parrocchia di Bissau e i guanti per l'ospedale di Barro. Un ultimo saluto a Suor Rosa e a Maio prima di partire. Maio, sempre timidone, non capisce molto perché ci tenga tanto a salutarlo, mi saluta velocemente come fanno ibambini della sua età e scappa verso la tettoia dove si stanno radunando altri bambini in attesa delle lezioni. Anche il saluto con Suor Rosa è  un saluto non molto espansivo ma non per questo poco affettuoso. La conosco da pochi giorni ma posso dire senza alcun dubbio che sto salutando una delle persone più garandi che abbia mai conosciuto e spero un giorno di poterla rincontrare.


Mentre la saluto e inizio il mio viaggio di rientro in Italia penso che molti possono definire Suor Rosa, e tanti come lei, una persona da ammirare perché ha sacrificato la sua vita aiutando gli altri. Vedendola così sorridente nell’attimo dell’ultimo saluto penso invece che Suor Rosa sia da ammirare non perché ha sacrificato ma perché ha realizzato la propria vita aiutando gli altri.

 

Adesso è veramente giunto il momento di partire. Attraversando Bigene carichiamo tre ragazzi che hanno bisogno di un passaggio fino a Ingorè o Bissau e partiamo. La strada nei tratti coperti dagli alberi è ancora piena di pozzanghere, destinate però ad asciugarsi in fretta, e infatti si passa agevolmente. Lungo il tragitto carichiamo ancora tre donne che stanno facendo la strada a piedi. Il pickup adesso è proprio pieno. Vicino al villaggio di Suar, sul ciglio della strada, troviamo tre bambini che stanno cercando di vendere a chi passa delle magnoche, il frutto simile alla nostra patata per gusto e consistenza. Ci fermiamo a scambiare due chiacchiere con i bambini e Don Ivo, con appena 200 franchi, circa 30 centesimi di euro, le compra tutte quante. 100 franchi, gli ultimi che mi sono rimasti, li metto io.

 

Mentre siamo con i bambini si avvicina un signore che chiede aiuto a Don Ivo per sistemare il pozzo del villaggio. Don Ivo non si sbilancia: non sapeva neanche che il pozzo di Suar avesse dei problemi e invita l’uomo a venire a trovarlo in missione per parlare insieme del problema e trovare una soluzione. Mentre Don Ivo parla del pozzo ne approfitto per fotografare uno dei tanti termitai giganti che punteggiano il bosco che stiamo attraversando. Incredibile come insetti così piccoli, infinitamente più microscopici delle nostre formiche, riescano a realizzare costruzioni cosi enormi e solide: sembrano fatte con terra friabile invece sono dure come cemento. A mani nude non riesci assolutamente a distruggerle o danneggiarle.

 

I bambini che vendono le magnoche sul ciglio della strada
I bambini che vendono le magnoche sul ciglio della strada
Uno dei tanti termitai giganti che si incontrano lungo la strada e nel bosco
Uno dei tanti termitai giganti che si incontrano lungo la strada e nel bosco

 

Arriviamo quindi a Liman, i bambini si ricordano ancora delle banane che gli abbiamo portato quando sono arrivato e accolgono con gioia Don Ivo cantando “Oh alele, alelecicatomba!”. Ci fermiamo per registrare un video di 5 minuti con Don Ivo e i bambini di Liman. Lo scopo del video è salutare e ringraziare i concorrenti della corsa podistica che Sergio, il presidente della Onlus “Amici di Bissau” ha organizzato per dicembre a Foggia con l’intento di raccogliere dei fondi per la missione di Bigene. Mentre ci spostiamo sotto l’albero dove realizzare il video, un bambino mi prende per mano e mi accompagna fino all’albero. Quella manina che stringe la mia, che in fondo è la mano di un estraneo, dice molto di questi bambini, della loro semplicità e spontaneità verso chiunque abbia voglia di stare un po’ con loro.


Don Ivo si siede sotto l’albero e invita i bambini ad avvicinarsi. Non se lo fanno ripetere due volte, non aspettavano altro! Diciamo a tutti di fare silenzio mentre Don Ivo parla e iniziamo a registrare. Don Ivo inizia a parlare a braccio, dicendo quel che pensa liberamente senza seguire un discorso preparato. Gli ultimi bambini si sistemano intorno ma in silenzio resistono 30 secondi, così come gli adulti che assistono alla scena lì vicino. Pure un gallo decide di mettersi a cantare una volta iniziato a registrare. Ma così il video è più vero e si aggiunge ai tanti ricordi che mi porterò in Italia.

 

Un bambino mi prende per mano
Un bambino mi prende per mano
I bambini di Liman circondano Don Ivo
I bambini di Liman circondano Don Ivo

Don Ivo tra i bambini di Liman manda un saluto ai partecipanti della StraFoggia che si è corsa l'11 dicembre 2011 con più di 120 partecipanti e il ricavato è servito a raccogliere fondi per la missione di Bigene.

I giochi dei bambini di Liman
I giochi dei bambini di Liman

 

Proseguiamo e ci fermiamo ancora a Barro dove consegniamo i guanti al secondo infermiere, proprio quello che l’altro giorno mi aveva fatto vedere la scatola vuota. C’è anche Djon, l’autista dell’ambulanza, che presenta a Don Ivo un resoconto delle spese per la gestione dell'ambulanza. Sono circa 70 mila franchi che Don Ivo promette di portare in occasione della messa, la prossima domenica. Don Ivo dà anche 20 mila franchi al mese per comprare la benzina dell'ambulanza. Insomma se l’ospedale di Barro funziona è anche merito di Don Ivo.


Da qui in avanti non ci saranno più soste se non per far scendere, mano a mano che arriviamo alle loro destinazioni, le varie persone che abbiamo fatto salire prima. Mentre procediamo incrociamo anche una moto bianca dell’Unicef che corre veloce con in sella Betu, il primo infermiere dell’ospedale di Barro. Sta rientrando sicuramente da qualche visita fatta in qualche villaggio vicino e ci saluta con un gesto della mano ma non si ferma.


La strada sterrata è finita, ritorniamo a percorrere una strada asfaltata dopo tanti giorni, a parte la parentesi di Samine in Senegal. Attraversiamo Ingorè e poco dopo Bula dove incontriamo una piccola suora amica di Don Ivo. Nonostante l’avanzata età torna a piedi verso Ingorè, come fanno in tanti da questa parti. Ingorè e Bula sono cittadine che, pur nella loro povertà, sono molto più ricche di Bigene. Già solo il fatto di avere la strada asfaltata consente di facilitare gli scambi con i villaggi vicini e permette un minimo di economia e commercio impensabili a Bigene che, pur essendo a capo di un distretto, è isolata in mezzo al bosco. Lungo la strada, oltre alle tradizionali case guineane con i mattoni di fango, adesso incrociamo anche alcune case di stile occidentale, intonacate, con il cancello, i balconi e con gli infissi. Sono sicuramente di qualche amministratore locale, anche in Guinea Bissau darsi alla politica paga. Sono case belle, bellissime per la Guinea Bissau. In Italia invece le definiremmo modeste, non attirerebbero l’attenzione di nessuno.


Attraversiamo i due ponti costruiti con i fondi dell'Unione Europea, uno sul Rio Cacheu, attraversato anche 12 giorni prima, e l’altro sul Rio Mansoa, saltato invece all’andata quando siamo passati per il villaggio di Mansoa, più all’interno. Avvicinandoci a Bissau evito di fare fotografie, non sempre gradite da queste parti, ma non posso non fotografare un pulmino carico all'inverosimile vicino al villaggio di Safim.

 

Il pulmino stracarico incontrato vicino Safim
Il pulmino stracarico incontrato vicino Safim
Spostamenti in Guinea Bissau
Spostamenti in Guinea Bissau
La consegna dell'ultimo pacco di materiale scolastico a una parrocchia di bissau
La consegna dell'ultimo pacco di materiale scolastico a una parrocchia di bissau

 

Arriviamo a Bissau all'una, giusto in tempo per il pranzo che si conclude con una macedonia di banane. Dopo il pranzo mi ritiro in una camera assegnatami da Giusy per un ultimo riposino prima del volo di stanotte.


Alle 4, dopo aver riposato, consegniamo il materiale scolastico che abbiamo portato da Bigene a un prete della parrocchia di Bissau e andiamo in centro per fare gli ultimi acquisti. Negli incroci dove appena due settimane prima sono entrati in funzione i primi semafori di tutta la Guinea Bissau, vediamo le macchine fermarsi al rosso, ripartire al verde, e se qualcuno esita un secondo di troppo partono immediatamente i clacson. Esattamente come da noi, e hanno imparato tutto in 2 settimane!

 

Andiamo in un negozietto vicino alla cattedrale, in un vicolo chiuso per dei lavori per la realizzazione di un mercato chiuso. All’imbocco del vicolo troviamo dei musulmani inginocchiati su dei tappeti che pregano rivolti alla Mecca. Entrando nel negozio il commerciante accende un piccolo generatore per mostrarci i suoi prodotti alla luce di una lampadina. Il negozio è pieno di vestiti e oggetti vari della tradizione locale in legno, osso, corno di mucca e cuoio. Alla fine compro due completi camicia + pantalone in stile africano per 14.000 franchi. Se prendessi solo le camicie sarebbero 10.000 franchi. Ma che ci avrebbero fatto solo con i pantaloni? Riflettendo penso che questa sia solo una domanda occidentale: in fondo sono pantaloni e chi ne ha bisogno li compra senza stare a guardare troppo se fanno parte di un completo e meno. Ho preso anche tre bicchieri portapenne in corno di mucca con disegnati con inchiostro nero scene della vita nei villaggi e la scritta RGB. Altri 3000 franchi per un totale, insieme ai completi, di 17.000 franchi (26 euro).

 

Tornando verso la macchina cerco da dei venditori di strada di oggetti in legno un elefantino da aggiungere alla mia collezione che ricorda ogni città che visito. Ovviamente ognuno cerca di attirarmi vicino ai suoi oggetti: all’inizio mi mostrano pale e crocifissi credendomi un prete, poi animali di tutti i tipi non appena capiscono che sto cercando un elefante. Dopo un po’ di contrattazione ne compro uno in ebano (2500 franchi) per la gioia di uno e il dispiacere di tanti altri venditori. Potrei pagare molto di più quello che ho pagato, però non voglio “regalare” i soldi, rischiando di premiare il più fortunato o peggio il più insistente. E’ giusto invece pagare le cose per il loro valore e premiare il lavoro delle persone senza fare la carità. I soldi invece li dò volentieri per sostenere il centro nutrizionale e la scuola di Bigene perché sono soldi che vanno a beneficio di tutta la comunità e non di singole persone.

 

Un portapenne in corno di bue e un elefantino in ebano di Bissau
Un portapenne in corno di bue e un elefantino in ebano di Bissau

Rientriamo in missione e sistemiamo le ultime pendenze prima della partenza: scambiarci le foto con Don Ivo, sistemare i conti dei soldi spesi, vedere il video fatto a Liman, avere qualche suggerimento sulle cose da vedere a Lisbona il giorno dopo. Arrivano così le otto quando ceniamo insieme a Giusy, Padre Domingo, un nuovo prete senegalese che non avevo incontrato due settimane prima e Padre Giancarlo che ci racconta di come si sia salvato per miracolo quando era missionario in Vietnam. Josè invece, il volontario portoghese arrivato poche settimane prima di me, salta la cena perché è qualche giorno che si sente spossato e proprio poco prima di cena arriva la conferma: ha preso la malaria.


Conclusa la cena con un tè alla citronella Padre Giancarlo mi affida tre lettere da spedire in Italia per invitare alcune persone alla ordinazione vescovile di Don Josè il prossimo 12 novembre. Alle 21.45 salutiamo tutti e insieme a Don Ivo andiamo in aeroporto percorrendo per l’ultima volta la strada illuminata e a tre corsie, orgoglio della Guinea Bissau.


L’aeroporto è ancora chiuso, tutte le luci sono spente, ma c'è già una piccola coda all’ingresso. L’aeroporto infatti apre solo in occasione del volo Bissau-Lisbona che è l’unico volo di linea regolare che atterra a Bissau tre volte la settimana. Scarica i suoi passeggeri, carica i nuovi passeggeri e riparte. Poche ore e l’aeroporto torna a dormire fino al prossimo volo tra 2-3 giorni.


All’apertura dell’aeroporto le penne di Don Ivo aiutano a superare velocemente i controlli del bagaglio da parte della polizia. Facciamo il check in dove i biglietti vengono compilati a mano da un inserviente e aspettiamo che apra la sala partenze. Sono ormai le 23 ma ancora la sala non viene aperta e visto che non c’è più molto da fare se non aspettare saluto Don Ivo. Anche per lui, uomo completo e “garandi” di Bissau, valgono le stesse considerazioni fatte per Suor Rosa. Sono stato fortunato ad averlo incrociato nella mia vita e sono contento di essere diventato suo amico. Fa effetto vederlo uscire dall'aeroporto dopo due settimane trascorse ininterrottamente l’uno affianco all’altro. Ma è solo un arrivederci, ne sono sicuro.


Appena Don Ivo va via ecco che si avvicina un tipo con una targhetta identificativa appesa alla maglietta. Mi chiede di vedere il passaporto. Credo che sia qualcuno della sicurezza dell’aeroporto e glielo faccio vedere. Appena ha in mano il mio passaporto va verso la sala d’aspetto e gli corro dietro. In fondo chi è questo signore che adesso ha il mio passaporto in mano? Per fortuna ci sono dei poliziotti quindi di sicuro non può fare niente di male. E in effetti sta solo chiedendo ai poliziotti di farmi passare.


Mi ricordo che Don Ivo a cena parlava con Giusy di un signore dell’aeroporto che era sempre disponibile a dare una mano ma che adesso lui cercava di evitare perché l’ultima volta aveva chiesto dei soldi a dei suoi amici in partenza. Sicuramente è lui e si è avvicinato solo quando Don Ivo si è allontanato. Stiamo in guardia allora.


In ogni caso grazie al suo intervento in 30 secondi supero la barriera verso la sala partenze senza il minimo controllo. La cosa più ridicola è il metal detector e il controllo bagagli. Il macchinario è identico a quelli che ci sono nei nostri aeroporti ma qui è uno solo ed è spento. Anche se spento però la gestualità e la ritualità è la stessa che in Italia: metto lo zaino nel cestino blu che spingo verso il macchinario, un inserviente lo prende e lo porta dall’altra parte, senza aprirlo o fare alcun controllo. Io passo attraverso il metal detector sotto gli sguardi di una guardia che si avvicina e che fa scivolare su tutto il mio corpo un rilevatore come quelli che si vedono ogni tanto anche da noi, simile a una grossa paletta o un piccolo aspirapolvere. Ma qui sono sicuro che sia spento e faccia solo parte del cerimoniale. Riprendo lo zaino e sono nella sala d’attesa delle partenze. Potrei avere un bazooka nello zaino ma nessuno ha controllato. Ovviamente non ho un bazooka ma accanto a me dopo un po’ vedo persone con bottiglie da un litro e mezzo di acqua o che sbucciano tranquillamente un frutto con un coltello.


Dopo un po’ ricompare il tizio di prima con la targhetta identificativa e si siede vicino a me. Non mi chiede soldi ma lo spray antizanzare che mi vede spruzzarmi addosso. Ok, si può fare, però gli dico di ripassare poco prima dell’imbarco che me lo voglio spruzzare un’ultima volta prima di salire sull’aereo e poi glielo regalo senza problemi. E così facciamo senza alcun altro inconveniente.


Oramai sono le 23.30 (l'una in mezzo in Italia) e si può dire praticamente conclusa la mia prima avventura in Guinea Bissau.

 


Ero partito convinto di capire meglio come aiutare la Guinea Bissau, di trovare delle soluzioni ai problemi che avrei trovato. I problemi li ho trovati e tanti. Soluzioni immediate poche. Ma ho trovato anche un’altra cosa che non mi aspettavo. Le persone. Fatemi citare, Don Ivo a parte, almeno Suor Rosa, Binna, Merione e tanti degli abitanti di Bigene come Neia, Joaquim o Alfredo. E Giusy, signora foggiana volontaria a Bissau. Ognuno diverso, ognuno con qualche difetto, come tutti d’altronde. Ma ognuno con un punto di forza che, loro sì, hanno avuto il coraggio e la volontà di mettere a disposizione delle persone che incontrano nella loro vita: il loro prossimo.


Nessuno da solo sarà in grado di risolvere niente. Ma se mi guardo indietro vedo che ognuno ha messo a frutto qualcosa. Marco nel suo viaggio di quest’estate ha scoperto che all’ospedale di Barro mancava un semplice stetoscopio e un misuratore di pressione. Io riesco a procurarli e a portarli a Barro insieme a Don Ivo. Mara riesce a recuperare delle lavagne e dei banchi. Sergio fonda l’onlus “Amici di Bissau” e riesce a coinvolgere tante persone in tante iniziative. Don Ivo incontra e fa incontrare le persone, soprattutto con Dio. Suor Rosa dirige una scuola e fa crescere delle persone migliori. Tutti siamo stati in grado di fare qualcosa. Nulla indispensabile ma tutto importante nel suo insieme. E allora ecco che le cose cominciano a funzionare: la scuola, il centro nutrizionale, i piccoli miracoli di ogni giorno di Bigene. Tutti insieme, ognuno per quel che sa e può fare. Da credente permettetemi di dire anche con l’aiuto di Dio.


Quello che voglio dire è che anche quello che ci sembra poca cosa fatta dall’Italia (cos’è in fondo comprare qualche quaderno per esempio?) qui in Guinea Bissau ci si accorge di quanto sia prezioso il contributo di tutti. Nulla è superfluo, nulla è inutile.


Tornando infine al mio viaggio sono convinto di aver vissuto una bellissima esperienza che consiglio a tutti di vivere almeno una volta nella vita e che mi farà dare il giusto peso a tanti problemi in Italia. Venire in Africa non è nulla di speciale ma lascia qualcosa di speciale. Con queste mie note ho voluto ricordare e condividere meglio che ho potuto ciò che ho vissuto.


Oltre a ricordare però è necessario guardare avanti....

 

 

 

 

 

L'anima mia magnifica il Signore

e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,

(...)

Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente

e Santo è il suo nome:

di generazione in generazione la sua misericordia

si stende su quelli che lo temono.

Ha spiegato la potenza del suo braccio,

ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;

ha rovesciato i potenti dai troni,

ha innalzato gli umili;

ha ricolmato di beni gli affamati,

ha rimandato i ricchi a mani vuote.

 

 

 

 

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Il sito dei Missionari di Bigene
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