5 Ottobre 2011 - Ponta Nobo

 

 

 

"Beato chi cammina nella giustizia e parla con lealtà."

 

 


 

La casa di Don Ivo, ribattezzata “Foggia”, è molto accogliente e ben al di sopra dello standard guineano. Basti pensare che le case in Guinea Bissau sono per lo più fatte con mattoni di fango fatti essiccare al sole. Non ci sono fogne, acqua corrente, energia elettrica, e neanche la cucina o il bagno. Niente di niente. La vita si svolge prevalentemente fuori di casa.

 

Don Ivo invece a Bigene ha una casa semplice, nulla di pretenzioso, ma con tutte le comodità di una casa media occidentale che qui in Guinea Bissau sembra un lusso. Possibile che non ci sia invidia per questo? Come può Don Ivo incontrare le persone di Bigene se queste lo considerano uno diverso da loro? Don Ivo un giorno ha preso coraggio e ha chiesto ai catechisti di uno dei villaggi della sua parrocchia, il villaggio di Bambea, cosa pensava la gente della sua macchina e della sua casa, delle cose che lui ha e i suoi parrocchiani no.

 

“Don Ivo tu sei un uomo completo perché ti sei costruito una casa per vivere in mezzo a noi. Se ti sei costruito una casa vuol dire che vuoi vivere a lungo con noi, non sei di passaggio. La macchina la usi per venirci a trovare, per celebrare la messa nei nostri villaggi e ad aiutarci quando qualcuno sta male. L’acqua del tuo pozzo è a disposizione di tutti e così pure le prese della tua casa per caricare i nostri cellulari. Le cose utili che hai sono utili per tutti, per questo non sei un padrone ma un uomo completo.”

 

E’ questo che interessa agli abitanti di Bigene: che il loro prete, Don Ivo, abbia una sua casa lì, in mezzo a loro. Se Don Ivo ha la casa a Bigene vuol dire che non è di passaggio ma ha scelto di vivere lì con loro per sempre, o per lo meno a lungo. E adesso con la sua casa Don Ivo ha tutto per farlo. E’ un uomo completo. Che la casa sia  bella o brutta non interessa a nessuno.

 

Il letto con la zanzariera dove ho dormito a Bigene
Il letto con la zanzariera dove ho dormito a Bigene
La cappella nella casa delle suore
La cappella nella casa delle suore

Questa mattina sveglia molto presto, anche se il fuso orario di 2 ore in meno rispetto all’Italia aiuta. Alle 6.45 c’è la messa in italo-portoghese nella casa delle suore. Arriviamo che Suor Rosa e Suor Binna sono già in preghiera nella piccola cappella della loro casa. La messa è molto semplice ma non per questo meno sentita e partecipata da tutti e quattro. Dà la giusta carica per la giornata, ricorda perché ognuno di noi è qui oggi e per questo ognuno ringrazia il Signore in cuor suo.


Una rapida colazione, molto simile a una colazione italiana tranne il latte che è in polvere. In Guinea Bissau non si usa il latte, le mucche ne producono poco. Chi proprio desidera bere del latte, noi occidentali fondamentalmente, fa fatica a trovarlo, anche solo UHT, e ci si deve accontentare normalmente del latte in polvere.

 

Finita la coazione tutti iniziano le loro attività: Suor Rosa alla scuola della missione, Suor Binna al Centro Nutrizionale e io con Don Ivo ci apprestiamo al nostro primo viaggio nel territorio della missione. La nostra meta è il villaggio di Ponta Nobo dove porteremo del cibo, del materiale scolastico, ma soprattutto l’obiettivo di Don Ivo è incontrare e parlare con gli abitanti di Ponta Nobo che hanno chiesto di iniziare un percorso di catechesi.

 

Prima di tutto però bisogna fare benzina. Non ci sono pompe di benzina a Bigene, non so neanche se c’è un solo distributore in tutta la Guinea Bissau ad essere sincero. La benzina normalmente si vende in bottiglia su dei banchetti lungo le strade.


Noi la recuperiamo da dei bidoni conservati in un gabbiotto dove c’è anche il “vecchio” gruppo elettrogeno della missione. Vecchio perché oramai la corrente alla casa di Don Ivo e alla pompa dell’acqua è fornita da un impianto fotovoltaico ed il gruppo elettrogeno fa solo da backup. Il progetto è di portare l’energia elettrica anche alle classi della scuola della missione e questo progetto diverrà realtà entro Natale.

 

Il gabbiotto dove c'è il gruppo elettrogeno della missione
Il gabbiotto dove c'è il gruppo elettrogeno della missione
Si fa il pieno
Si fa il pieno

 

Fatto il pieno passiamo dal centro nutrizionale per recuperare 10 sacchi da 25 kg l’uno di “pappa”, farina a base di soia, da portare a Ponta Nobo. Ho così modo di avere un primo contatto con il centro nutrizionale e i suoi “clienti”: decine di mamme che pazientemente aspettano il loro turno con un secchio. Una volta il secchio era pieno di vernice, oggi sperano di riempirlo con della “pappa” per i loro bambini. Adesso siamo di fretta, avrò modo di conoscere meglio il centro nei prossimi giorni.

 

Caricati quindi i sacchi nel pickup di Don Ivo partiamo da Bigene ma ci fermiamo quasi subito per ammirare lo spettacolo dello stagno delle ninfee sbocciate. La sera prima arrivando a Bigene le ninfee erano chiuse mentre adesso sono tutte aperte nel loro splendore a perdita d’occhio. Proseguiamo e incrociamo quasi subito dei bambini che si mettono a correre gioiosi dietro la macchina di Don Ivo tanto che dobbiamo fermarci per un breve saluto altrimenti loro continuerebbero a correrci dietro.

 

Andiamo a Ponta Nobo non solo per i quaderni, la pappa, la catechesi, ma anche perché ci ha chiamato il maestro della scuola del villaggio che non è pagato dall’anno scorso. Nei villaggi più piccoli infatti non è lo Stato che istituisce le scuole ma sono gli abitanti stessi che costruiscono la scuola e pagano uno o più insegnanti che vengano a fare lezione ai bambini. I pagamenti però non sono regolari, si paga quando si hanno i soldi, normalmente dopo il raccolto del riso. Ma è proprio in quel momento che si concentrano tutte le spese rinviate durante l’anno e può capitare che il maestro non venga pagato. Don Ivo contribuisce sempre a pagare i maestri delle scuole dei suoi villaggi ma lascia comunque una quota da pagare al villaggio perché i genitori si responsabilizzino e capiscano l’importanza dell’istruzione per i propri figli.

 

La laguna delle ninfee
La laguna delle ninfee
I bambini che corrono dietro la macchina di Don Ivo
I bambini che corrono dietro la macchina di Don Ivo
Tragitto da Bigene a Ponta Nobo
Tragitto da Bigene a Ponta Nobo

 

Passando per Barro carichiamo con noi Ruberto: ci aiuterà a comunicare meglio con gli abitanti di Ponta Nobo. Ufficialmente la lingua della Guinea sarebbe il portoghese. Tutti gli atti pubblici sono stampati in portoghese e così pure i discorsi ufficiali sono tenuti in portoghese. Ma se ci si vuol fare capire la lingua più diffusa è il criolo, un misto in via di evoluzione tra il portoghese e le lingue indigene. E infatti in criolo si è rivolto ai suoi cittadini l’ultimo Presidente della Repubblica al suo insediamento, dopo il discorso ufficiale in portoghese. Nei villaggi più sperduti però non si parla neanche il criolo ma solo la lingua originale della tribù di appartenenza: Balanta, Balanta Manè, Fula, Mandinga, Papel e così via. Ruberto quindi, amico di Don Ivo, conoscendo i dialetti locali, potrà essere di grande aiuto se il criolo di Don Ivo non dovesse essere sufficiente per capirsi.

 

Poco dopo aver superato Barro si abbandona la strada principale per un sentiero secondario che dopo circa 6 km arriva a Ponta Nobo, a ridosso del Rio Cacheau. Lungo il sentiero a un certo punto sentiamo il canto di Don Ivo “Oh alele, alelecicatomba!” ma non capiamo chi lo stia intonando. Dopo un po’ solleviamo lo sguardo e sul ramo di un albero vediamo appollaiato un ragazzino a guardia di un campo di noccioline per difenderlo dalle razzie delle scimmie.

 

Don Ivo indica l'albero su cui è appollaiato il bambino e il campo che sorveglia
Don Ivo indica l'albero su cui è appollaiato il bambino e il campo che sorveglia
Oh Alele!
Oh Alele!

 

Facciamo anche noi un po’ di festa al piccolo guardiano e proseguiamo arrivando al villaggio al cui ingresso, subito sulla sinistra, sorge la scuola. Molto bella rispetto agli standard del posto ma in quel momento, confrontandola solo con la scuola di Mansoa, o quella che ho intravisto nella missione di Bigene, mi sembra piuttosto misera: tetto in lamiera, tre stanze, due adibite ad aula e una a magazzino, niente infissi alle finestre. Però è intonacata di bianco e azzurro, il pavimento è in cemento, quindi non c’è polvere, ci sono i banchi e alle pareti una lastra di cemento verniciata di nero funge da lavagna: tutte cose che farò fatica a vedere in altre scuole nei giorni a seguire.

 

Non facciamo in tempo a fermare la macchina che i bambini escono dalla classi a salutare Don Ivo sorridendo, saltando, cantando e battendo le mani ritmicamente. Dalla festa che fanno sembra proprio sia arrivato Babbo Natale!

 

Sono tutti vestiti molto bene. Una bambina ha pure un abito lungo, bianco, con merletti e nastrini rossi. Mi stupisce la cosa ripensando ai bambini incontrati ieri a Liman, o solo stamattina nel tragitto da Bigene a Ponta Nobo: polvere quanta ne vuoi addosso ai bambini, magari qualche pantaloncino, pochissime magliette, le scarpe non le ho praticamente mai viste.

 

Invece in questo villaggetto sono tutti vestiti carini e tutti hanno le scarpe, le classiche ciabatte di plastica da mare per lo più. Che sapessero che stavamo arrivando? No, mi spiega Don Ivo. La scuola è importante per questi bambini e quando vanno a scuola si vestono con i migliori vestiti che hanno.

 

La scuola di Ponta Nobo, in primo piano la "campanella"
La scuola di Ponta Nobo, in primo piano la "campanella"
Le scarpe dei bambini
Le scarpe dei bambini

 

Mentre siamo sotto quest’assedio gioioso vedo da una delle aule schizzare fuori, spinta da un gruppo di ragazzini scalmanati, una carrozzina gialla con un bambino bellissimo ma affetto da una grave malformazione alle gambe, ridotte a due moncherini. A parte chiedersi come una sedia a rotelle sia arrivata in questo posto, è bellissimo vedere che la sedia sia spinta dai compagni di questo bambino e tutti insieme fanno festa e casino esattamente come tutti gli altri bambini.

 

Ancora pochi istanti di festa e il maestro richiama all’ordine i bambini che corrono di nuovo in aula ad aspettare la nostra visita. Anche la carrozzina con tutti i bambini che la spingono fa dietrofront e ritorna in aula di corsa assieme a tutti gli altri. Visitando quell’aula poi farò fatica a individuare il bambino con la carrozzina. E’ perfettamente integrato con i suoi compagni, è difficile distinguerlo. Lo rivedrò invece sempre assieme ai suoi compagni dopo, all’incontro con tutto il villaggio. La banda formata da questi ragazzini è stato uno dei più bei gesti d’amore che ho visto, e la cosa più bella è che non è un episodio ma si ripete giorno dopo giorno.

 

Questo bambino, nonostante il suo handicap, vive felice con i suoi amici in un villaggio sperduto in Africa. E non è una cosa affatto scontata come mi racconterà Suor Rosa più in là.

 

Il bambino sulla carrozzina con i suoi amici
Il bambino sulla carrozzina con i suoi amici

 

Arriva anche il capo villaggio, con l'immancabile copricapo a simboleggiare la sua autorità. Consegniamo a lui i sacchi di pappa che sistemiamo, con l’aiuto dei maestri e di altri ragazzi arrivati a vedere chi ha portato tanta confusione, nella stanza della scuola adibita a magazzino. La raccomandazione è che il cibo portato sia destinato ai bambini, a tutti i bambini. E’ bene precisare …

 

Andiamo finalmente a visitare i ragazzi che stanno aspettando nelle loro classi. Ma i bambini così ubbidienti dove sono finiti in Italia? Don Ivo parla e scherza con i ragazzi. Nel frattempo arrivano anche altri ragazzi dal villaggio che si affacciano alle finestre per vedere cosa succede. Spettacolare il panorama che si vede da quelle finestre. Il contrasto tra l’interno dell’aula e la natura al di fuori di essa è talmente forte ai miei occhi da occidentale che mi fa l’effetto di un quadro di Magritte.

 

Consegniamo anche le penne, le matite, le gomme, i quaderni e i temperini. Sono regali così importanti che è obbligatoria una foto ricordo con il capo villaggio e il maestro. I temperini, così lucidi e colorati, attirano l’attenzione anche di alcuni ragazzi più grandi che ne vorrebbero qualcuno da usare come un monile!

 

Don Ivo parla e scherza con i ragazzi
Don Ivo parla e scherza con i ragazzi
Vengono consegnati quaderni, matite, gomme, temperini al capo villaggio e al maestro
Vengono consegnati quaderni, matite, gomme, temperini al capo villaggio e al maestro
Foto ricordo con il capo villaggio e il maestro
Foto ricordo con il capo villaggio e il maestro
Lo spettacolo della natura dalle finestre della scuola mi ricordava un quadro di Magritte
Lo spettacolo della natura dalle finestre della scuola mi ricordava un quadro di Magritte
La condizione umana - Magritte
La condizione umana - Magritte

 

Salutiamo tutti, compreso il ragazzo sulla carrozzina e la ragazzina con il vestito da prima comunione con i nastrini rossi e ci rechiamo al villaggio ad incontrare i suoi abitanti. Andiamo al centro del villaggio, sotto alcuni grandi alberi, dove è montato il bankada, una specie di panca sopraelevata dove gli uomini del villaggio si ritrovano per discutere o riposare nelle giornate più calde. Il bankada è anche il punto di ritrovo del villaggio e infatti poco per volta la gente aumenta sempre di più. Prima arrivano i ragazzi e gli uomini, ma basta poco e arrivano anche i bambini, compresi quelli che abbiamo lasciato poco prima alla scuola. Arrivano anche le donne che si sistemano dietro, assieme ai bambini. Invece davanti ci sono gli uomini. Uno di essi per l’occasione indossa persino la giacca di un vestito sopra la maglietta un po’ sbrindellata di tutti i giorni.

 

Don Ivo però invita i bambini a sedersi davanti, altrimenti cosa vedono? Nella tradizione africana prima vengono gli anziani, poi gli uomini, poi le donne e i giovani. Solo alla fine vengono i bambini. E questo in tutto: dal disporsi intorno a Don Ivo che parla a tutti, alla distribuzione del cibo. Per Gesù invece, spiega Don Ivo, siamo tutti uguali: non c'è differenza tra uomo e donna, anziano e bambino. E visto che i bambini sono piccoli è bene che stiano davanti in modo che possano vedere anche loro. Così i più intraprendenti sistemano delle assi per terra davanti al bankada su cui anche i bambini possono sedersi.

 

Un po’ di trambusto per sistemarsi e alla fine si vedono bimbi, uomini, anziani, donne uno accanto all'altro, mescolati e non distinti per gruppi. Non è una cosa abituale per loro.

 

Per rompere il ghiaccio Don Ivo intona i suoi canti senza un vero significato ma che trascinano tutti, comprese le donne e gli anziani. “Oh alele, alele cicatomba, ambassa ambassa ambassa!”

 

Sarebbe capace di andare avanti per una mezz’ora buona Don Ivo, e anche gli abitanti del villaggio non sono da meno! Non solo i bambini ma anche gli adulti assecondano i cambi di ritmo e motivi di Don Ivo con un entusiasmo coinvolgente. Tra canti, battiti di mano ritmici, giochi con la voce, da alta alta a bassa bassa, l’atmosfera si scioglie e tutti seguono con entusiasmo Don Ivo. Prima nei canti e tra poco in quello che ha da dire loro.

 

Ho Alele...
Ho Alele...
Alelecicatomba
Alelecicatomba
Ambassa ambassa ambassa
Ambassa ambassa ambassa
Qui si vede l'uomo con la giacca (il terzo da destra sul balanka), la bambina con il vestito bianco vicino l'albero, il bambino sulla carrozzina con i suoi amici
Qui si vede l'uomo con la giacca (il terzo da destra sul balanka), la bambina con il vestito bianco vicino l'albero, il bambino sulla carrozzina con i suoi amici
Anziani e bambini uno accanto all'altro
Anziani e bambini uno accanto all'altro
Adesso un po' più seri si comincia a discutere
Adesso un po' più seri si comincia a discutere

 

Di fronte alla comunità riunita, seduti su delle sedie di plastica, ci sono Don Ivo, il capo villaggio e un anziano che deve essere corso or ora dai campi. Infatti è sudato, ha dei vestiti piuttosto miseri indosso e l’oramai famoso berretto appoggiato in testa. Appoggiato dico e non indossato: proprio come si appoggerebbe su un comodino. Questo berretto però è diverso dagli altri che ho visto finora: è di lana rossa ed è il simbolo degli uomini che hanno superato il Fanado, il rito di iniziazione che segna il passaggio all’età adulta dei Guineani e che imparerò a conoscere meglio tra qualche giorno. Seduti di fronte a tutti ci siamo anch’io e Ruberto, che traduce quanto dice Don Ivo dal criolo al dialetto locale (molti bambini e donne non capiscono neanche il criolo).


Finito di giocare inizia la discussione e, come prima tutti seguivano i giochi di Don Ivo, adesso tutti ne seguono le parole. Don Ivo si presenta, spiega i motivi che l’hanno portato a venire a Ponta Nobo e, prendendo spunto dal trambusto di poco prima, ribadisce l’importanza dell’uguaglianza di tutti di fronte a Dio. Le persone del villaggio chiedono a Don Ivo di iniziare la catechesi per diventare cristiani e se è possibile che anche gli adulti vadano a scuola. Quest’ultima richiesta la avanza in particolare una donna che si vergogna forse a dire che è analfabeta. Don Ivo parla dell'importanza della scuola per tutti. Chi non sa perché non è andato a scuola non deve vergognarsi. Chi ruba deve vergognarsi, non chi vuole imparare di più di quello che sa. Per questo la richiesta della donna è una richiesta da prendere in considerazione e per questo è anche importante sostenere la scuola e aiutare il maestro. E’ importante impegnarsi perché la scuola non chiuda e anzi, nel periodo in cui il lavoro nei campi è meno intenso, si possano organizzare dei corsi anche per gli adulti, certamente.

Per la catechesi Don Ivo è ben contento della richiesta ma esige che sia una loro libera scelta e che non chiedano la catechesi perché pensano che così lui gli porterà i quaderni e le matite.

 

Sono due cose diverse, molto buone entrambe, ma non dipendono l’una dall’altra e non è detto che l'anno prossimo ci sia ancora la possibilità di avere quaderni e matite. Quindi la scelta di iniziare la catechesi non deve dipendere da quello.

 

Ruberto traduce, le persone sempre ascoltano con attenzione, approvano quanto detto da Don Ivo e un ragazzo si fa portavoce di tutti ribadendo che sarebbero molto contenti di diventare cristiani e in questa scelta non sono condizionati dai quaderni o dai sacchi di soia ricevuti oggi.

 

Questo ragazzo è giovane ma sa il criolo e parla a nome del villaggio come un anziano. L'istruzione è fondamentale per crescere...
Questo ragazzo è giovane ma sa il criolo e parla a nome del villaggio come un anziano. L'istruzione è fondamentale per crescere...

 

L'incontro quindi si chiude con la promessa di rivedersi presto per organizzare la catechesi che infatti inizierà da lì a poche settimane. L’assemblea si scoglie e ognuno torna un po’ per volta alle proprie attività.


Noi invece, accompagnati dagli anziani e dai giovani più rappresentativi, andiamo a visitare le risaie del villaggio dove, ci spiegano,  un'inondazione del Rio Cacheau ha fatto entrare dell'acqua salata rovinando parte del raccolto.

 

Il villaggio di Ponta Nobo
Il villaggio di Ponta Nobo
Le case sono immerse nella natura senza disturbarla
Le case sono immerse nella natura senza disturbarla
Ogni tanto si vedono degli uccelli dai colori spettacolari
Ogni tanto si vedono degli uccelli dai colori spettacolari
I nidi degli uccelli sulle palme
I nidi degli uccelli sulle palme
Andiamo verso le risaie: Don Ivo, il ragazzo che sa il criolo, il capo villaggio, l'anziano con il berretto rosso del fanado e due giovani
Andiamo verso le risaie: Don Ivo, il ragazzo che sa il criolo, il capo villaggio, l'anziano con il berretto rosso del fanado e due giovani
Un giovane di Ponta Nobo
Un giovane di Ponta Nobo

 

Andiamo, dispiaciuti e partecipi per l’incidente dell’inondazione, ma fatti pochi metri ci allontaniamo dal villaggio e si apre di fronte a noi una risaia immensa circondata da una foresta di palme, baobab e mangrovie nella parte vicina all’acqua salata. Che spettacolo! Uno spettacolo della natura in cui i tetti di paglia delle case del villaggio, poco dietro di noi, sono perfettamente integrati. 


La risaia si estende a perdita d’occhio e il danno subito è veramente ridicolo rispetto all’estensione coltivata. La soia che abbiamo portato è sicuramente utile per i bambini più piccoli, però certamente questo villaggio non ha problemi di cibo come invece ha per esempio il villaggio di Liman dove il giorno prima abbiamo portato il casco di banane.

 

Attraversiamo le risaie camminando sul ponte nuovo che dà il nome al villaggio: una striscia di pietre, terra, argilla che attraversa questa zona di acquitrini e collega Ponta Nobo con il villaggio di Barro Garandi (Barro Grande) da cui si arriva al porto sul fiume, ovvero dove attraccano le canoe che attraversano il fiume per andare fino a Bissora.

 

Le risaie...
Le risaie...
...a perdita d'occhio
...a perdita d'occhio
Ponta Nobo visto dalle risaie
Ponta Nobo visto dalle risaie
La mangrovie crescono dove c'è acqua salata
La mangrovie crescono dove c'è acqua salata
Il ponta nobo che dà il nome al villaggio
Il ponta nobo che dà il nome al villaggio
Rientriamo al villaggio
Rientriamo al villaggio
Tetti di Ponta Nobo
Tetti di Ponta Nobo
Villaggio di Pontanobo, le risaie e il tragitto fatto tra le risaie
Villaggio di Pontanobo, le risaie e il tragitto fatto tra le risaie

 

Tornando indietro passiamo davanti alla seconda e ultima casa in muratura del villaggio dopo la scuola: l’hospital, l’ospedale. Dove c’è… niente! Niente di niente! L’ospedale con i suoi colori bianchi e azzurri è stato probabilmente il modello su cui è stata costruita la scuola da una chiesa evangelica qualche anno fa. La scuola ha ripreso a vivere e funzionare grazie a Don Ivo, mentre per le medicine si deve andare fino a Barro a circa 10 km dal villaggio di Ponta Nobo.

 

E’ giunto il momento di salutare gli abitanti di Ponta Nobo, facciamo le ultime fotografie a ricordo della visita e riceviamo in dono della magnioca, un tubero simile alla patata come gusto ma più fibroso, dalla polpa bianca e rivestito da una scorza marrone leggermente più spessa della buccia delle patate. Si potrebbe mangiare anche cruda ma per sicurezza è sempre meglio cuocere il cibo prima di mangiarlo. Ringraziamo e diamo un passaggio ad un uomo, che deve portare una fascina di rami fino a Barro, e a un gruppo di ragazzini che, finita la scuola ,rientrano al loro villaggio, a circa 3 km da Ponta Nobo. Li lasciamo all’incrocio con il sentiero che dopo appena 300 metri porta al loro villaggio.

 

L'ospedale di Ponta Nobo
L'ospedale di Ponta Nobo
I maestri di Ponta Nobo
I maestri di Ponta Nobo
Donne di Ponta Nobo
Donne di Ponta Nobo
Tutti a bordo per un passaggio
Tutti a bordo per un passaggio
Il sentiero secondario che porta al villaggio di questi bambini. Ogni giorno si fanno 3 km all'andata e 3 km al ritorno a piedi per andare a scuolaa Ponta Nobo
Il sentiero secondario che porta al villaggio di questi bambini. Ogni giorno si fanno 3 km all'andata e 3 km al ritorno a piedi per andare a scuolaa Ponta Nobo
Il villaggio dei bambini a cui abbiamo dato un passaggio
Il villaggio dei bambini a cui abbiamo dato un passaggio

 

Giunti a Barro lasciamo Ruberto e l’uomo con la fascina di rami. Un dubbio che mi è rimasto, ma sicuramente ci sarà una ragione plausibile, è che bisogno c’era di portare una fascina da Ponta Nobo fino a Barro con tutti gli alberi e rami che ci sono ovunque, anche a Barro. Proseguiamo verso Bigene e lungo il tragitto incontriamo dei bambini, appollaiati su un albero con delle mancara, arachidi, a guardia di un campo o del bestiame. Le arachidi sono il loro pranzo. Siamo di fretta, in ritardo per il nostro pranzo dalle suore e non abbiamo il tempo di capire bene cosa stiano sorvegliando. Dopo un saluto veloce proseguiamo e nello laguna delle ninfee incontriamo degli altri bambini che fanno il bagno con le loro vacche. Anche qui sarebbe proprio da fermarsi tanto la scena è curiosa e particolare ma siamo troppo in ritardo e non possiamo proprio.

 

I bambini a guardia di un campo. Il loro pranzo sono le arachidi che hanno con sé
I bambini a guardia di un campo. Il loro pranzo sono le arachidi che hanno con sé

Primo contatto con il Centro Nutrizionale

 

Dopo pranzo nel pomeriggio inizio il corso di criolo con Joaquim, un ragazzo che lavora al centro nutrizionale. Imparerò a conoscere e stimare nei prossimi giorni Joaquim che, a forza di fare il corso di criolo agli ospiti di Don Ivo, ha imparato l’italiano. Finito il corso andiamo a visitare il centro nutrizionale. Adesso non c’è nessuno e Joaquim può spiegarmi con più calma in cosa consiste il suo lavoro che vedrò nella pratica nei prossimi giorni.

 

I bambini che vengono al centro nutrizionale vengono pesati, misurati in altezza con una panca fatta apposta per i neonati e presa la circonferenza del braccio con una fascetta graduata. A seconda dell’età e di questi tre parametri, Joaquim sa se e quanto il bambino è denutrito e decide il programma di recupero che coinvolge anche la madre. Se entro 2-3 settimane il bimbo non recupera viene mandato al presidio medico di Bigene, Barro o anche fino all’ospedale di Ingorè o Bissau, a seconda della gravità e delle cure necessarie. Joaquim poi si preoccuperà affinché il bambino segua le cure prescritte ed eventualmente di riportarlo in ospedale se le cure non avessero efficacia.


Joaquim al centro nutrizionale accanto all'armadio delle medicine e ai registri
Joaquim al centro nutrizionale accanto all'armadio delle medicine e ai registri
L'aramdio con le medicine a disposizione del centro
L'aramdio con le medicine a disposizione del centro
La bilancia e la panca per misurare l'altezza dei bambini
La bilancia e la panca per misurare l'altezza dei bambini

 

Joaquim mi spiega che il periodo dello svezzamento è il più delicato e problematico, è il periodo in cui  si hanno diversi casi di malnutrizione: quando finisce il latte le donne continuano ad allattare fino all’ultima goccia, anche quando il latte in realtà non è più nutriente. E quando proprio finisce, si dà il cibo che si ha, sempre che ci sia. Normalmente del semplice riso, che i bambini non sono ancora pronti a ricevere. Da qui tanti casi di malattie e malnutrizione. Ci sono anche registri appositi per seguire i casi dei bimbi denutriti e altri specifici per i gemelli molto comuni da queste parti e più a rischio degli altri bambini di essere denutriti dovendo dividere in due il cibo disponibile.

 

Il centro nutrizionale serve allora, oltre che a distribuire la “pappa” a base di soia fornita dal PAM (Programma Alimentare Mondiale), ad educare le mamme ad alimentare correttamente i loro bambini ma anche a spiegare cose che per noi sono basilari, come per esempio lavare in modo corretto il bambino. Infatti spesso i bambini vengono lavati con l’acqua che c’è quando serve lavarli. A volte l’acqua è fredda e i bambini prendono una broncopolmonite. Allora Joaquim spiega loro di far scaldare l’acqua al sole prima di impiegarla per lavare i bambini e questi non si ammalano più. Tutte queste cose vengono spiegate da Joquim, uno di loro, non da un bianco. Sembra una cosa da poco ma invece è fondamentale per vincere

molte diffidenze.

 

Martedì prossimo visiteremo il centro nella sua piena operatività.

 

Uno dei registri dove sono segnati i dati dei bambini visitati
Uno dei registri dove sono segnati i dati dei bambini visitati
Olio arricchito di viatamine
Olio arricchito di viatamine
I sacchi di soia sono prodotti in Italia e comprati dal Giappone per il PAM (Programma Alimentazione Mondiale) Nei fusti zucchero e riso
I sacchi di soia sono prodotti in Italia e comprati dal Giappone per il PAM (Programma Alimentazione Mondiale) Nei fusti zucchero e riso

 

A conclusione di questa intensa giornata la mia riflessione cade sul perché del desiderio di seguire la catechesi degli abitanti di Ponta Nobo, senza in realtà conoscere nulla del cristianesimo. In questi villaggi sono per lo più animisti. Credere in Dio è semplice, naturale per loro, ma in quale Dio?

 

Lo chiedono per imitazione degli altri villaggi? Per soggezione rispetto all’uomo bianco che viene nei loro villaggi? E poi però fare come sempre? Difficile rispondere … Nei giorni successivi ho notato in alcuni capi villaggio, a cui Don Ivo chiedeva di che religione fossero, rispondere quasi con vergogna che erano animisti, come se non fosse una vera religione.

 

In effetti l’animismo non è una religione con dogmi codificati, rituali definiti.

 

E più un riconoscere lo spirito divino che c’è nella natura e nelle sue manifestazioni. Ma cos’è veramente Dio? Cosa mi chiede? A queste domande l’animismo non dà una risposta e la curiosità di sapere di più, di conoscere Dio, è molto forte nei guineani. Da qui l’interesse verso chi porta o ha la pretesa di portare la conoscenza di Dio. Più facilmente un imam musulmano. L’islam che ho trovato in Guinea infatti è un islam molto contaminato dall’animismo. Non è raro trovare persone che si dichiarano musulmani ma che portano al braccio o al collo i tipici amuleti animisti: delle capsule di cuoio con all’interno polverine, pietre, semi o amuleti che proteggono chi li porta dagli spiriti cattivi.

 

Il messaggio cristiano è quindi veramente una novità da queste parti e, dato il substrato religioso dell’animismo, c’è molto interesse ad ascoltarlo. Certo, all’inizio la loro fede sarà molto ingenua e labile, ma gli si deve dare la possibilità di credere in modo consapevole, di dare delle risposte alle domande che certamente si pongono.

 

Da queste parti poi ci sono due grossi ostacoli. Il primo è la poligamia. Anche se scelgono di diventare cristiani la cultura locale può imporre la poligamia. Se per esempio muore un uomo sposato, suo fratello è tenuto a sposare la cognata per non abbandonarla e assicurarle un futuro. Una donna vedova è sola a tutti gli effetti nella cultura locale. Per essere reintegrata socialmente deve risposarsi; quindi rifiutarsi di sposare la cognata vedova, agli occhi della cultura locale, è come lasciarla alla mercé di chiunque se ne voglia approfittare. Se un uomo si fa cristiano quindi non può scegliere da solo ma deve essere d’accordo tutta la famiglia, in modo che non vengano imposte scelte contrarie alla morale cristiana al neoconvertito e la cognata vedova non sia comunque abbandonata a se stessa.

 

Altro problema è il fanado: il rito di iniziazione che trasforma il ragazzo in uomo. Chi non lo fa non è considerato completo, non può decidere da adulto ma è la famiglia a decidere per lui. Nel rito, che dura 3 mesi durante i quali si vive isolati nella foresta seguendo pratiche antichissime e segrete, si entra in contatto con degli spiriti a cui ci si lega per la vita. Spiriti della natura, degli animali, spiriti a volte buoni, a volte cattivi. Di qualunque natura siano questi spiriti è comunque evidente che un uomo cristiano non può legarsi ad essi.

 

Una condizione imprescindibile per diventare cristiani, ed essere comunque accettati dalla comunità, è quindi quella di aver fatto prima il fanado in modo da affrancarsi da vincoli imposti dalle tradizioni e che potrebbero non lasciare libero chi diventa cristiano.

 

Essere cristiano non è semplice in Guinea Bissau.

 

 

 

 

"Beato chi cammina nella giustizia e parla con lealtà."

 

 

 

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Il sito dei Missionari di Bigene
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