6 Ottobre 2011 - Scuola di Bigene

 

 

 

"Qui abiterò perché l'ho desiderato.

Benedirò tutti i suoi raccolti,

sazierò di pane i suoi poveri.

Rivestirò di salvezza i suoi sacerdoti,

esulteranno di gioia i suoi fedeli."

 

 


Mappa di Bigene. In rosso evidenziate le scuole, la chiesa, la moschea e la casa delle suore
Mappa di Bigene. In rosso evidenziate le scuole, la chiesa, la moschea e la casa delle suore

 

Stamattina abbiamo visitato la scuola della missione gestita da Suor Rosa. Siamo arrivati poco prima dell'intervallo e incontriamo le donne che stanno preparando il riso per i bambini. In due grossi pentoloni si mette una parte di acqua, una di riso e si porta a ebollizione fino a consumare tutta l'acqua. Si aggiunge quindi dell'insaporitore (un po' come il nostro dado), un po' di limone ed è pronto. I piatti di metallo sono disposti tutti puliti sul bancone della cucina, in attesa di essere riempiti. C’è la “cucina” ma in realtà si cucina all'aperto. Non c’è il gas con cui cucinare, né ci sono bombole o stufe. Si cucina con la legna e il fuoco, all’aperto. 


Anche l'acqua fino a pochi mesi fa non c’era e si doveva portare con dei fusti dal pozzo della casa delle suore, a circa 500 metri dalla scuola. Adesso che invece c’è il pozzo pure qui, anche gli abitanti delle case vicine se ne servono perché è vero che in paese c'è un altro pozzo, costruito dall'Unicef, ma si pagano 25 franchi per attingere un contenitore, mentre l'acqua della parrocchia è gratuita.


La scuola della parrocchia di Bigene
La scuola della parrocchia di Bigene
Le donne stanno preparando il riso per i bambini della scuola
Le donne stanno preparando il riso per i bambini della scuola
Nella ciotola dei sacchetti con il succo di limone. Si strappano e si raccoglie il contenuto nella tazza che verrà versata nel pentolone per insaporire il riso.
Nella ciotola dei sacchetti con il succo di limone. Si strappano e si raccoglie il contenuto nella tazza che verrà versata nel pentolone per insaporire il riso.
I piatti puliti sul bancone della cucina pronti per essere riempiti di riso
I piatti puliti sul bancone della cucina pronti per essere riempiti di riso

 

Sta per iniziare l'intervallo e con una scusa Don Ivo chiama in disparte dagli altri ragazzini Maio, il bambino che circa un anno fa stava perdendo la vista da un occhio per una banale infezione e che da allora sostengo a distanza. Preferisco parlare di sostegno invece che di adozione come si usa normalmente. Maio non sa chi sono, non stiamo certo a spiegargli cosa vuol dire un'adozione a distanza. Lui un papà e una mamma ce li ha. Perché caricarlo di una responsabilità nei confronti di un "benefattore"? Lui in fondo non ha chiesto niente, perché dovrebbe sentirsi riconoscente, in obbligo nei miei confronti? Se l'ho "adottato" non è per una gratificazione personale ma perché lui e gli altri bambini di Bigene da soli adesso non ce la fanno, hanno bisogno di Don Ivo e di chi dall'Italia li sostiene.

 

La mia soddisfazione è vederlo con la sua cartella di tela a tracolla, la camminata un po' così, nello stile non so se c'ho voglia, sano, sereno, sorridente, un po' timido con i grandi ma allegro con i suoi compagni.

 

E così infatti lo lascerò alla fine del mio viaggio. Ma non sarà sempre così. Uno pensa che facendo una donazione mette a posto tutto, pensa di aver salvato un bambino, è sereno con se stesso, è soddisfatto. E poi invece, nonostante i suoi 100 euro, la vita decide diversamente. La solidarietà con il prossimo non può esaurirsi in un bonifico se è vera solidarietà.

 

Ma cosa è successo a Maio? Lo racconterò alla fine, anzi lo racconterà Don Ivo di cui riporto nell'ultima pagina di questo diario foto e racconti di fatti successi da novembre 2011 ai primi di aprile 2012. Per adesso riprendiamo il racconto del mio viaggio importante.


Io insieme a Maio
Io insieme a Maio

 

All’intervallo i bambini fanno la fila per fare la pipì, per lavarsi le mani con l'acqua versata dai maestri e poi si mangia tutti insieme in classe.

 

Il cibo una volta messo nei piatti viene portato con un vassoio dai ragazzi più grandi ai più piccoli.

 

Esattamente il contrario di quello che succede nelle loro case: i piccoli servono i grandi e il cibo è per i grandi. Se avanza o c’è abbondanza allora mangiano anche i piccoli che infatti sono quelli che soffrono di più di malnutrizione.

 

A ben pensarci però non è un comportamento assurdo: le cause di morte infantile in Guinea Bissau sono infinite. Nel solo primo hanno di vita muore un bambino su 10 (in Italia 1 su 300). Un altro di quei bambini muore entro i 5 anni di vita. E per le cause più diverse: tu curi una febbre ma poi viene morso da un serpente, oppure prende la lebbra. E allora che senso ha preoccuparsi troppo dei bambini? Chi è forte a sufficienza ed è protetto dagli spiriti diverrà grande e allora sarà degno di rispetto, per gli altri è inutile sprecare risorse e cibo.

 

Ma torniamo ai ragazzi della scuola. Non c’è bisogno di pregarli per mangiare, tutti i piatti vengono ripuliti senza nessun capriccio. In due settimane ho visto solo un piatto non finito ma il bambino stava poco bene, aveva la febbre.

 

Finito di mangiare si depositano i piatti per terra vicino la porta e si va a bere. C'è un secchio colmo d’acqua e un bicchiere per ogni classe. E tutti i bambini bevono dallo stesso bicchiere.

 

Poi tutti a giocare fuori. Ci sono dei giochi con lo scivolo, arrivati da poco dal Portogallo. Si fa la fila per aspettare il proprio turno e provare i nuovi giochi. Gli unici giochi per la verità. I più piccoli corrono incontro a Don Ivo, gli toccano i capelli e i peli bianchi che sembrano così strani per loro. Io mi aggiro intorno a loro con la mia macchina fotografica e non ho difficoltà a trovare dei soggetti interessanti e interessati alla fotografia. Tutti i bambini vogliono essere fotografati, esattamente come a Mansoa, anche se per fortuna non c’è la stessa ressa, o quasi in alcuni momenti.

 

Tra i tanti bambini che ho visto giocare, correre e ridere nella scuola di Bigene c’è pure una bimba sempre seria, non parla mai e ti guarda senza alcuna reazione ai tuoi saluti, alle tue smorfie. Non si nasconde neanche, non sembra timida. Soltanto non sorride mai. Don Ivo mi spiega che è la figlia di Neia, la signora che lo aiuta nella gestione quotidiana della casa. Da piccola è stata molto male, ha sofferto parecchio prima di riprendersi. Può darsi che la malattia l’abbia segnata a tal punto che non è più capace di sorridere. Sebbene il suo nome sia Renata, rimarrà nei miei ricordi come la “bambina triste”. Ma non sarà un ricordo triste e il motivo lo spiegherò più avanti…

 

Finito l'intervallo di nuovo tutti in coda per lavarsi le mani prima di rientrare in classe. Tre quattro per volta ci si avvicina ai lavandini riempiti di acqua e sapone. Solo quando l'acqua diventa marrone si fa defluire e si sostituisce con acqua pulita. Certamente non si spreca l’acqua lasciando i rubinetti aperti. E in questo caso non si fa molta fatica ad educare i bambini. I rubinetti infatti in tutta Bigene ci sono solo qui nella scuola e i bambini hanno imparato che i rubinetti si usano così: si aprono, si raccoglie l’acqua che serve e si richiudono. Salvo poi non fare troppa attenzione se si lascia il rubinetto completamente chiuso o meno e può capitare qualche volta che si consumi tutta l’acqua raccolta nella cisterna. E allora l’acqua corrente per quel giorno non c’è, almeno finché non si riempie di nuovo la cisterna.

 

Si torna così nelle classi e si riprendono le lezioni nelle aule più grandi e più belle che ho visto in Guinea Bissau. Ma non ci sono alberi a fare ombra e il tetto è in lamiera. Soprattutto al pomeriggio il caldo è notevole.

 

Le classi si susseguono in più turni al mattino e al pomeriggio. La sera invece da novembre riprenderà la scuola serale per i grandi, adesso ancora impegnati nei campi. In realtà però le aule non sono illuminate dalla corrente elettrica. L'intenzione è quindi quella di portare nella scuola anche la corrente dopo l'acqua. Grazie alla corrente si potranno montare dei ventilatori sul tetto e delle lampadine per le scuole serali. Si potrà pure usare un frigorifero per conservare il cibo. Questo progetto si realizzerà all’inizio di gennaio 2012. Io per adesso ho visto gli scavi nel terreno dove passeranno i cavi e i fori nelle pareti dove si posizioneranno gli interruttori.

 

 

(il racconto continua in fondo dopo le fotografie)

Tutti in fila per fare la pipì. Ma appena mi vedono avvicinarmi per una foto si voltano tutti a guardarmi
Tutti in fila per fare la pipì. Ma appena mi vedono avvicinarmi per una foto si voltano tutti a guardarmi
In fila anche per lavarsi le mani aiutati dai maestri
In fila anche per lavarsi le mani aiutati dai maestri
I maestri versano sulle mani dei bambini acqua pulita per sciacquarle dal sapone
I maestri versano sulle mani dei bambini acqua pulita per sciacquarle dal sapone
Nel frattempo si riempiono i piatti con il riso
Nel frattempo si riempiono i piatti con il riso
E i bambini più grandi li portano ai compagni più piccoli. Esattamente il contrario di quello che succederebbe a casa loro. Anche da questi piccoli gesti passa un messaggio importante.
E i bambini più grandi li portano ai compagni più piccoli. Esattamente il contrario di quello che succederebbe a casa loro. Anche da questi piccoli gesti passa un messaggio importante.
Si mangia seduti sui banchi dove nelle altre ore si studia
Si mangia seduti sui banchi dove nelle altre ore si studia
Tutti insieme
Tutti insieme
Nessuno fa i capricci
Nessuno fa i capricci
Finito di mangiare i piatti vengono raccolti sul pavimento vicino la cattedra dell'aula
Finito di mangiare i piatti vengono raccolti sul pavimento vicino la cattedra dell'aula
Finito di mangiare si beve un sorso d'acqua preso da un secchio vicino ogni aula, un bicchiere per classe. Da notare la maglietta: Nao tocai: perigo! Si intuisce credo...
Finito di mangiare si beve un sorso d'acqua preso da un secchio vicino ogni aula, un bicchiere per classe. Da notare la maglietta: Nao tocai: perigo! Si intuisce credo...
Da pochi giorni sono arrivati dei nuovi giochi dal Portogallo donati da ex soldati coloniali.
Da pochi giorni sono arrivati dei nuovi giochi dal Portogallo donati da ex soldati coloniali.
Hanno avuto grande successo!
Hanno avuto grande successo!
Tutti in fila per provare i nuovi giochi
Tutti in fila per provare i nuovi giochi
I bambini più piccoli corrono in braccio a Don Ivo
I bambini più piccoli corrono in braccio a Don Ivo
Anche se poi prevale la timidezza
Anche se poi prevale la timidezza
I capelli bianchi di Don Ivo destano curiosità
I capelli bianchi di Don Ivo destano curiosità
Varie foto scattate in cortile durante l'intervallo
Varie foto scattate in cortile durante l'intervallo
Anche i bimbi più timidi sono curiosi
Anche i bimbi più timidi sono curiosi
La bimba triste di cui parlo negli highlights. L'ho vista sorridere una sola vota
La bimba triste di cui parlo negli highlights. L'ho vista sorridere una sola vota
Primo piano
Primo piano
Poi invece ci sono i bambini che ti sorridono
Poi invece ci sono i bambini che ti sorridono
Tutti vogliono poi rivedersi una volta fotografati
Tutti vogliono poi rivedersi una volta fotografati
Una foto tutti in posa è difficilissima da fare
Una foto tutti in posa è difficilissima da fare
Alla fine queste tre bambine in un modo o nell'altro sono nella maggior parte delle foto fatte durante l'intervallo
Alla fine queste tre bambine in un modo o nell'altro sono nella maggior parte delle foto fatte durante l'intervallo
Tutti insieme a guardare le foto sullo schermo della macchina fotografica
Tutti insieme a guardare le foto sullo schermo della macchina fotografica
Erano bravissime le ragazze con la corda. Meno io a fotografarle
Erano bravissime le ragazze con la corda. Meno io a fotografarle
Finito l'intervallo prima di ricominciare le lezioni ci si rimette nuovamente in fila per lavare le mani. Anche questo fa parte delle'ducazione: imparare a lavarsi le mani come abitudine quotidiana. A noi può sembrare banale, non è così in Africa
Finito l'intervallo prima di ricominciare le lezioni ci si rimette nuovamente in fila per lavare le mani. Anche questo fa parte delle'ducazione: imparare a lavarsi le mani come abitudine quotidiana. A noi può sembrare banale, non è così in Africa
Ci si lava le mani tutti insieme. E l'acqua si cambia solo quando è proprio marrone
Ci si lava le mani tutti insieme. E l'acqua si cambia solo quando è proprio marrone
Gli scavi per portare l'energia elettrica anche alla scuola. Ci si riuscirà a gennaio 2012
Gli scavi per portare l'energia elettrica anche alla scuola. Ci si riuscirà a gennaio 2012
Le aule della scuola. Le più belle che ho visto, ma anche le più calde con il tetto in lamiera e nessun albero che faccia ombra. Con l'energia elettrica si potrà mettere qualche ventola. E qualche lampadina per la scuola serale
Le aule della scuola. Le più belle che ho visto, ma anche le più calde con il tetto in lamiera e nessun albero che faccia ombra. Con l'energia elettrica si potrà mettere qualche ventola. E qualche lampadina per la scuola serale
L'armadio dove viene conservato il materiale didattico. Ho riconosciuto anche alcune matite e quaderni che avevo spedito io
L'armadio dove viene conservato il materiale didattico. Ho riconosciuto anche alcune matite e quaderni che avevo spedito io

 

Dopo aver fatto un giro per le classi e salutato i bambini, in tarda mattinata andiamo a incontrare i grandi di Bigene che desiderano interloquire con Don Ivo. Dico volutamente interloquire e non semplicemente parlare perché sembra proprio che sia un incontro molto importante a cui partecipano le più grandi cariche di Bigene.

 

Incontro tra i grandi di Bigene

 

Due sono le autorità a Bigene: il rappresentate dello Stato e il rappresentante della tradizione. A rappresentare lo Stato c’è una sindachessa di mezza età, di poco sopra i quarant’anni, piuttosto robusta senza essere obesa, con un vestito classico africano dai colori sgargianti e diversi gioielli, anche d’oro. E’ accompagnata da una segretaria poco più giovane e per il resto identica alla sindachessa. A rappresentare il potere tradizionale invece c’è il capo villaggio, molto magro, con un vestito sicuramente più modesto della sindachessa e la sua segretaria. Potere dello Stato e potere tradizionale convivono e si sostengono a vicenda. Lo Stato non può imporre nulla senza l’appoggio del capo villaggio e il capo villaggio sa che ha bisogno dello Stato per soddisfare i bisogni della sua gente. All’incontro partecipa anche un anziano del villaggio, nella sua tradizionale tunica giallo senape scuro, che in passato è stato deputato al Parlamento della Guinea Bissau per rappresentare il distretto di Bigene. E’ analfabeta, come il suo attuale successore che va a Bissau una volta al mese, giusto il tempo per riscuotere lo stipendio da parlamentare.

 

Ci ricevono nella sala di una delle case che si affacciano sulla via principale di Bigene. La porta sulla strada viene tenuta aperta per far entrare un po’ di luce. I muri, dal bicolore marrone chiaro-marrone scuro, sono tutti scrostati. Alla parete il ritratto di Amilcar Cavral, il padre della nazione, assassinato nel ’73, poco prima dell’indipendenza della Guinea Bissau.

 

Tutto il mobilio consiste in una vecchia scrivania di legno, probabilmente lasciata qui dai portoghesi, e delle sedie di plastica verde. Basta. Sulla scrivania è stesa una tovaglia e vi siede la sindachessa mentre tutti gli altri, compreso io e Don Ivo, siamo leggermente più distanti, dall’altra parte, seduti sulle sedie.

 

Dopo i saluti e le presentazioni di rito, compresa la mia da parte di Don Ivo, si arriva a parlare del motivo per cui è stato richiesto questo incontro. Sindachessa e capo villaggio sperano di ottenere un finanziamento da parte di Don Ivo. Nei giorni precedenti si parlava di soldi per costruire un ostello per ospitare i venditori che vengono da fuori per il mercato del martedì. Le strade di fatto inesistenti e le distanze fanno sì che molti commercianti rinuncino a venire al mercato di Bigene. L’impegno però sarebbe parecchio gravoso e Don Ivo non ha i mezzi per finanziare un progetto così ambizioso.

 

E infatti non se ne parla nell’incontro, la domanda è un'altra. Finanziare l’acquisto di una macchina per pulire il riso, una volta raccolto, in modo da sgravare il lavoro delle donne.

 

La cosa si fa interessante. Don Ivo chiede un prospetto delle spese da sostenere e la garanzia che la macchina sia a disposizione di tutti e non solo di alcuni, per esempio di una tribù a discapito delle altre. Avendo un’ipotesi di spesa, Don Ivo può proporre il progetto ai “branku” europei e, se non tutti, almeno una parte dei fondi necessari potrebbe essere facile trovarli. Senza un progetto chiaro invece è più difficile coinvolgere dei finanziatori.

 

Le garanzie alle richieste di Don Ivo sono totali e la sindachessa chiede anche il mio parere. Non posso fare altro che ribadire l’importanza di sapere bene cosa si acquista, quanto costa, a cosa serve. Tanto più si è precisi tanto più è facile trovare qualcuno disponibile e finanziare il progetto. Ci si lascia ottimisti sul raggiungimento degli obiettivi concordati. La cosa sembra fatta, è solo questione di tempo, e Bigene avrà la sua macchina per la pulizia del riso.

 

A pranzo a casa di Don Ivo ospitiamo noi questa volta le suore, dato che subito dopo pranzo sono in partenza per Bissau per un incontro con altre suore del loro ordine. Don Ivo racconta entusiasta l’incontro con i grandi di Bigene e la proposta di acquisto della macchina. Ci pensa suor Rosa a smontare i nostri entusiasmi dicendo che tempo addietro una macchina del genere c’era già a Bigene, che fine a fatto? E attenzione che allora la macchina la usavano solo le persone di una tribù e le altre non potevano usarla. Sicuri che non facciano così anche questa volta? Si deve stare parecchio attenti, il controllo deve essere totale per evitare di essere presi in giro. Anche in Italia in fondo è così.

 

Il pomeriggio restiamo a Bigene e viene a trovare Don Ivo Uiè, il catechista del villaggio di Fakam, dove tempo fa era morto un bambino, Amidù, per il morso di un serpente. I genitori erano andati dal kurandero, sorta di stregone che segue la medicina e i riti tradizionali. Hanno perso tempo e il bambino è morto prima che potesse ricevere le cure adeguate. Uiè si era arrabbiato tantissimo sapendo cosa sarebbe stato necessario fare. Adesso  Amidù giace sepolto vicino la sua casa. Non ci sono cimiteri da queste parti: i morti rimangono vicino la famiglia.

 

Per i grandi si fanno grandi feste quando vengono a mancare. Si uccide la vacca, vengono dai villaggi vicini e si rende onore al grande uomo. Un bambino che muore invece viene seppellito in tutta fretta perché se è morto così presto vuol dire che non era benvoluto dagli spiriti e non merita nessun onore. Anche la mamma è isolata dal resto del villaggio perché se ha perso il bambino vuol dire che neanche lei è protetta dagli spiriti buoni. Se il bambino è morto in fondo è anche colpa sua. Don Ivo cerca di combattere questa mentalità ma non è facile.

 

Uiè è venuto a piedi da Fakam, un villaggio che dista circa 11 chilometri da Bigene. Nonostante siano già parecchi giorni che non piove, c’è talmente tanto fango che la strada non è ancora praticabile neanche con i fuoristrada, si può andare solo a piedi.

 

Uiè deve parlare con Don Ivo per organizzare la scuola e la catechesi per il nuovo anno. Ci sono 57 bambini, 10 più dell'anno precedente, ognuno paga un contributo di 350 franchi al mese di iscrizione alla scuola. Normalmente i soldi vengono dati a giugno, dopo la raccolta del kadju, pianta da cui si ricava l'anacardo. Il raccolto viene venduto in India; sarebbe bello che in Guinea non ci sia solo la produzione ma anche la lavorazione del prodotto per la sua commercializzazione. I guadagni sarebbero notevolmente maggiori ma questo è un altro discorso.

 

Con i soldi ricavati dal kadju si fa una cassa per gestire le necessità della comunità, della scuola e della chiesa costruita dagli stessi abitanti di Fakam. Adesso sarebbe necessario pavimentare col cemento le aule per evitare che i bambini respirino sempre la polvere mentre sono in classe.

Se si considera che 1500 franchi sono circa una giornata di lavoro, il contributo di 350 franchi non sono tantissimo ma neanche poco per gli abitanti di Fakam. Don Ivo spinge per questo contributo in modo da responsabilizzare i suoi abitanti un po' alla volta nella gestione della scuola e della comunità. Se infatti si è abituati a chiedere ogni volta che si ha una necessità, come faranno se e quando Don Ivo, i missionari, non ci saranno più?

 

Don Ivo aiuta tutti ma non fa l’elemosina a nessuno. Mentre c’è sempre chi prova a chiedere denaro come elemosina, vedendo nel branku una fonte di denaro. Don Ivo non è venuto per risolvere i problemi di tutti senza fatica, come un deus ex machina, ma aiuta gli uomini e le donne volenterosi di Bigene a costruire un futuro migliore. La scuola, l’ambulanza non esisterebbero senza l’aiuto di Don Ivo. Ma gli abitanti di Bigene sono chiamati comunque a contribuire alle spese comuni. Le cose scontate in Italia in Africa sono una conquista e le persone si impegnano per averle. Insieme a Don Ivo, un uomo completo che lavora con Dio e con gli altri uomini, donne e bambini completi di Bigene. E magari con l’aiuto di tanti altri anche in Italia.

 

Finito quindi di organizzare il lavoro con Don Ivo, Uiè riparte a piedi verso Fakam con le sue ciabattine, i pantaloni della tuta del Barcellona e la maglietta grigia, pulita ma strappata vicino alla spalla.

 

La sera, come ogni giovedì, c’è la messa nella chiesa di Bigene. Per lo più stasera ci sono dei giovani e una mamma con due bambini. Sarebbe prevista anche mezz’ora di adorazione eucaristica finita la messa ma fa troppo caldo per restare ancora in chiesa, stiamo tutti grondando di sudore. Si rientra allora ognuno nelle proprie case e si va a dormire presto questa sera.

 

Aspettando di addormentarmi mi viene da pensare a questi primi giorni passati in Africa: quanto ci sarebbe da fare per migliorare le cose, per far fronte alla precarietà del poco di buono che c’è. Ma chi ha creato il mondo non poteva fare meglio di così?

 

E mi sono ritrovato a pensare al creato in creazione dove tutte le creature contribuiscono esse stesse alla creazione, insieme a Dio, ognuna con i propri talenti. Mi viene da pensare che la creazione non è qualcosa che si è esaurita in 7 giorni tanto tempo fa, ma è qualcosa che fino alla fine non sarà mai completa.

 

Questa creazione incompleta potrebbe essere un difetto ma io la vedo più come un regalo fatto da Dio a tutte le sue creature per permettere a ognuna di esse di partecipare alla creazione insieme a Lui, provare cosa vuol dire amare, la gioia e la sofferenza dell’amore.

 

Nonostante tutti i nostri sforzi non potremo mai sistemare tutto, arrivare al settimo giorno e poi riposarci. Ci sarà sempre un povero, un malato, un assetato, un carcerato che darà l’occasione a tutti di scoprire l’amore. Almeno verso quel povero, quel malato, quell’assetato, quel carcerato che Dio metterà sulla nostra strada.

 

Possiamo ignorare l’invito di Dio, rinunciarvi, illuderci che ci penserà qualcun altro, continuare da soli per la nostra strada. E allora il mondo sarà più povero, malato, assetato, schiavo.

 

Oppure possiamo fermarci, amare il prossimo, conoscere Dio, creare con Lui. Voleva dire questo Dio quando diceva che siamo tutti fratelli e Lui è il Padre Nostro?

 

 

 

 

"Qui abiterò perché l'ho desiderato.

Benedirò tutti i suoi raccolti,

sazierò di pane i suoi poveri.

Rivestirò di salvezza i suoi sacerdoti,

esulteranno di gioia i suoi fedeli."

 

 

 

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Il sito dei Missionari di Bigene
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