7 Ottobre 2011 - Bambini di Bigene

 

 

 

"il Signore è il nostro Dio;

noi il popolo che egli guida."

 

 


 

Quella trascorsa è stata una notte particolare. Normalmente durante la notte mi fanno compagnia i grilli e all’alba mi sveglio ascoltando il canto dell’imam della vicina moschea. Questa notte però è trascorsa ascoltando dei tamburi suonare in lontananza. Don Ivo a colazione mi dirà che probabilmente c’è stato qualche matrimonio e hanno festeggiato tutta la notte. Qualunque sia il motivo è stata una nottata indimenticabile: nel mio letto, sotto la zanzariera, ascoltando il canto dell’imam e il suono dei tamburi non posso certo avere dubbi che mi trovo in Africa.

 

Alba in Guinea Bissau dalla mia camera di Bigene
Alba in Guinea Bissau dalla mia camera di Bigene

 

Oggi Suor Rosa è a Bissau e ha chiesto a Don Ivo di rimanere a Bigene per controllare la scuola. Quindi oggi giornata di relax penso...

 

Ma non ho fatto i conti con Don Ivo che mi affida un grosso incarico: sostituire le batterie dell’impianto fotovoltaico. Quelle in funzione infatti sono quasi esaurite, non ce la fanno a caricarsi e capita spesso di rimanere senza luce la sera. Come ieri sera per esempio.

 

Don Ivo aspetta lo schema per collegare 4 nuove batterie a fianco delle 4 esistenti, ma sta aspettando ormai da settimane e l’impianto non è più gestibile con le sole batterie esistenti. Decidiamo allora in via temporanea la sostituzione delle quattro vecchie che rientreranno in funzione con le nuove quando arriverà lo schema per collegarle tutte insieme. Sentiamo telefonicamente Giuseppe, uno dei tecnici che era venuto l'anno scorso a montare l'impianto fotovoltaico, per chiedere consigli e rassicurazioni sulla sostituzione delle batterie. Avute le indicazioni e letto il manuale mi metto al lavoro. Orlando, uno dei guardiani della missione, mi aiuta a tirare fuori dalla loro scatola le pesantissime batterie nuove e posizionarle vicino alle vecchie.

 

Da questo punto procedo da solo. Stacchiamo l'impianto e togliamo corrente. A torso nudo (fa parecchio caldo e già sto sudando copiosamente) fotografo i collegamenti per evitare di avere dei dubbi procedendo. Comincio nello smontare una batteria per volta, pulire lo spazio circostante e collegare la batteria nuova ai vecchi cavi e morsetti.

 

I pannelli solari sul tetto della casa di Don Ivo
I pannelli solari sul tetto della casa di Don Ivo
Al lavoro per cambiare le batterie. In realtà la foto è stata scattata a lavoro ultimato dopo la doccia. Prima ero in uno stato pietoso.
Al lavoro per cambiare le batterie. In realtà la foto è stata scattata a lavoro ultimato dopo la doccia. Prima ero in uno stato pietoso.

 

Bevo spesso, non sto facendo un lavoro faticoso eppure, a causa dell’umidità e del caldo soffocante di questi giorni, solo spostando le batterie e stringendo due viti, sudo da matti. Io venendo in Africa mi ero organizzato con 1-2 cambi al giorno ma con questo caldo e questa umidità basta poco per essere fradici di sudore. La norma è cambiarsi 3 se non 4 volte al giorno. Meno male che c’è Neia ad aiutare Don Ivo nelle faccende di casa e che tra le tante faccende in questi giorni lava anche le mie cose, altrimenti io avrei già finito tutti i miei cambi!

 

Alle nove di mattina 29 gradi centigradi e 98% di umidità in casa! E fuori siamo lì!
Alle nove di mattina 29 gradi centigradi e 98% di umidità in casa! E fuori siamo lì!

 

Finito il lavoro proviamo a riaccendere l'impianto e ... funziona!

Solo che l'impianto è costituito da due sottosezioni. Quella collegata al frigo funziona perfettamente. L'altra che non è molto utilizzata tende spesso a staccarsi perché sovraccarica le batterie. Quando l'impianto elettrico raggiungerà anche la scuola non ci saranno più problemi. Adesso però si deve stare un po' attenti ai cicli di ricarica delle batterie.


Finito il lavoro doccia e visita alla scuola, come promesso a Suor Rosa. I bambini hanno appena finito di mangiare. Oggi c'è pure del pesce nel riso. I bambini si lavano le mani e si aiutano a vicenda senza bisogno dell'intervento dei professori. Stanno imparando.

 

Un giro veloce nelle classi per vedere se tutto procede bene. C'è chi fa matematica, chi portoghese. Nella classe di Maio è l'ora del portoghese e alcuni bimbi, tra cui anche un riluttante Maio, vengono alla lavagna a leggere. All'inizio sono molto timidi, piano piano si sbloccano e cominciano a leggere spediti. In una classe di bimbi più piccoli la maestra fa cantare una canzone di benvenuto in mio onore e tutti i bambini si alzano in piedi allegri e agitano le braccia cantando. Tranne una bambina che ha la febbre e resta seduta. Un ultimo giro veloce, un saluto ai bimbi che incontriamo e rientriamo a casa per il pranzo.

 

I bambini improvvisano un ballo di benvenuto. In basso a sinistra la bambina malata che resta seduta.
I bambini improvvisano un ballo di benvenuto. In basso a sinistra la bambina malata che resta seduta.
Le lezioni continuano nonostante il mio disturbo.
Le lezioni continuano nonostante il mio disturbo.

 

Nel pomeriggio come al solito corso di criolo. E’ in questa lezione che tra le tante parole ho scoperto come si dice uomo in criolo: pekadur, ovvero come i coloni portoghesi si rivolgevano ai guineani... uomo-pekadur : da una parte l'equivoco è segno della dignità, dall'altra della meschinità. Mi torna in mente il ragazzo che vicino al porto di Bissau ha chiamato Don Ivo “padrone”. Mi viene da sorridere amaramente pensando a chi siano veramente i peccatori, a come i fatti alla fine siano fatti e le parole restino solo parole...


Ad un certo punto sentiamo nuovamente i tamburi in lontananza, chiediamo perché suonino a un ragazzo venuto a prendere l'acqua al pozzo della missione e ci dice che stanno festeggiando il fanado dei bambini che si concluderà domani.

 

Come ho già avuto modo di spiegare nei giorni precedenti il fanado è il rito di iniziazione che trasforma il ragazzo in uomo. Ci sono diversi fanado: dei ragazzi, degli adulti, in alcune tribù anche delle donne. Sì, perché il fanado è un rito che può variare da tribù a tribù, sia come ritualità che come frequenza: ci sono tribù che fanno un fanado ogni anno e altre che lo fanno molto più raramente. Fattore comune di tutte le tradizioni è il significato del fanado: passaggio dall’adolescenza, dall’infanzia alla vita adulta e alle sue responsabilità. Chi non fa il fanado non è considerato un vero adulto, capace di prendere delle decisioni in modo autonomo: sarà sempre la famiglia a prendere le decisioni per lui. In tutti i fanado c’è una parte segreta del rito che non può essere svelata. Durante il fanado si vive lontano dalla comunità in una capanna isolata nel bosco, costruita in un posto segreto e inaccessibile. Anche i bambini hanno la loro capanna ma a differenza degli adulti è vicina al villaggio e la notte i bambini rientrano a casa per dormire. Anche alcuni bambini della scuola stanno partecipando al fanado e in questi giorni non sono venuti a scuola.


Oggi allora finiamo la lezione di criolo un po’ prima e andiamo a vedere i festeggiamenti in corso.

 

Uscendo dalla missione vediamo i ragazzi della scuola che hanno appena finito le lezioni e si dispongono in fila vicino la bandiera della Guinea Bissau. In segno di rispetto alla bandiera si tolgono il berretto e iniziano a cantare l'inno nazionale mentre la bandiera viene lentamente ammainata. E’ finita un'altra settimana di scuola.

 

Ammaina bandiera alla fine della settimana. Nella sezione video il video dell'ammaina bandiera mentre viene cantato l'inno nazionale.
Ammaina bandiera alla fine della settimana. Nella sezione video il video dell'ammaina bandiera mentre viene cantato l'inno nazionale.

 

Andiamo quindi nel villaggio avvicinandoci a delle case dove vediamo del movimento. Dietro ad alcuni suonatori di tamburo si muovono degli uomini, alcuni con delle foglie in mano, sulla testa o intrecciate sul petto a mo’ di travestimento. Oltre ai musicisti e agli uomini travestiti ci sono anche donne e bambini, tutti insieme si muovono di casa in casa chiedendo offerte per i bimbi del fanado. Sono dell'etnia dei mandinga. Ci avviciniamo e gli stessi suonatori di tamburo scorgendoci si avvicinano a noi per farsi ammirare. Don Ivo chiede se posso fare delle fotografie e loro accettano volentieri esibendosi con foga ancora maggiore.

 

Le persone che stanno festeggiando il fanado si avvicinano a noi.
Le persone che stanno festeggiando il fanado si avvicinano a noi.
Anche una foto è motivo di festa.
Anche una foto è motivo di festa.
Esibizione di bravura.
Esibizione di bravura.
I suonatori del fanado.
I suonatori del fanado.
Il corteo che segue i sonatori di casa in casa per raccogliere le offerte per i bambini che stanno completando il fanado.
Il corteo che segue i sonatori di casa in casa per raccogliere le offerte per i bambini che stanno completando il fanado.
Da notare sulla destra un uomo con il fischietto in bocca e... un machete in mano.
Da notare sulla destra un uomo con il fischietto in bocca e... un machete in mano.
Alcuni agitano delle fronde dietro i suonatori.
Alcuni agitano delle fronde dietro i suonatori.
Notate la tunica rossa del suonatore di tamburi. E' fradicia di sudore!
Notate la tunica rossa del suonatore di tamburi. E' fradicia di sudore!

 

Come già successo altre volte appena però prendo in mano la macchina fotografica una marea di bambini si scatenano perché vogliono assolutamente una foto pure loro. Anche solo di un braccio, della fronte: l'importante è essere inquadrati nelle foto che faccio. Corrono e si spingono pur di mettersi davanti all'obbiettivo. Tirato da mille bambini che vogliono una foto seguo con fatica il corteo che nel frattempo ha ripreso il suo girovagare di casa in casa. Nonostante la baraonda mi inteneriscono i bambini che mi stringono la mano e mi accompagnano mentre cerco di seguire il corteo. Passiamo anche accanto a una piccola moschea e a un piccolo edificio con tre piccoli vani chiusi da porte simili a quelle delle stalle, ma dentro ci sono dei banchi: è una scuola. Probabilmente una delle scuole coraniche del villaggio dove ti insegnano a memoria il Corano e basta. Vederla così buia e abbandonata mentre intorno la festa prosegue mi sembra che esprima molto bene la tristezza di una scuola del genere.

 

 

(Dopo le foto dei bambini il racconto continua)

Questa è la prima è unica foto "in posa".
Questa è la prima è unica foto "in posa".
I bambini cominciano ad avvicinarsi.
I bambini cominciano ad avvicinarsi.
Fanno le smorfie.
Fanno le smorfie.
Sono incontenibili!
Sono incontenibili!
Due amiche del cuore.
Due amiche del cuore.
Il pozzo di Bigene. Sulla destra con la maglietta verde, i pantaloni e le scarpe bianche il ragazzo che mi ha chiesto dei soldi.
Il pozzo di Bigene. Sulla destra con la maglietta verde, i pantaloni e le scarpe bianche il ragazzo che mi ha chiesto dei soldi.
Si noti la moto dietro i bambini. Il raccolto l'anno scorso è stato molto abbondante e alcuni si sono potuti permettere addirittura di comprare delle motociclette usate cinesi. Quest'anno invece la siccità farà patire la fame a tante persone.
Si noti la moto dietro i bambini. Il raccolto l'anno scorso è stato molto abbondante e alcuni si sono potuti permettere addirittura di comprare delle motociclette usate cinesi. Quest'anno invece la siccità farà patire la fame a tante persone.

 

Tra tanta festa offro le monete che ho con me al corteo e un ragazzo, vestito molto bene, ci segue da vicino. All'inizio penso voglia controllare i bambini, invece a un certo punto mi chiede "dinaru, money". Che tristezza! Per come era vestito era forse uno dei più ricchi che partecipava alla festa e si è abbassato a chiedermi dei soldi. Ha dimenticato l'ospitalità africana e ha visto in me solo un bianco da sfruttare. I miei soldi però li avevo già dati al corteo ma se li avessi ancora avuti non credo glieli avrei dati. Non mi sarebbe piaciuto fare l'elemosina e non mi sarebbe sembrato giusto nei confronti di tante altre persone intorno a me molto più dignitose e anche molto più povere di lui.


Il buio ormai avanza, le zanzare della malaria probabilmente si stanno mettendo al lavoro. Preferiamo lasciare la festa e torneremo domani, giorno di conclusione del fanado. Magari avremo l’occasione di vedere anche i ragazzi al loro rientro. Tre ragazzi, pur di farsi fotografare, dicono che domani finiranno il fanado. Ma c’è da fidarsi di queste lenze? Comunque la foto gliela faccio volentieri.

 

I tre fanados... Alle loro spalle si intravedono due dei 3 tralicci della telefonia mobile presenti a Bigene.
I tre fanados... Alle loro spalle si intravedono due dei 3 tralicci della telefonia mobile presenti a Bigene.

 

La sera, dopo cena, leggo il diario che Don Marco, giovane prete di Foggia, ha appena inviato a Don Ivo per raccontare il suo viaggio in Guinea di quest’estate. Mi emozionerò ritrovando alcuni episodi vissuti pochi mesi prima da Don Marco e che sono legati a quelli che sto vivendo io in questi giorni. Come per esempio la casa dei giovani di Barro che Don Marco ha visto crollare e che io ho visto ricostruire. Oppure i quasi 200 sacchi di cibo che Don Marco ha ritirato quest’estate dall’incaricato dell’Unicef e di cui io due giorni prima ne ho consegnati a Ponta Nobo dieci, oramai quasi gli ultimi rimasti.


E senza che ci fossimo detti nulla anche lui scrive di essere rimasto colpito dalle manine che si stringono alla tua ogni volta che attraversi un villaggio.

 

Basta camminare per strada e dopo un po' è normale che un bambino ti prenda per mano.
Basta camminare per strada e dopo un po' è normale che un bambino ti prenda per mano.

 

Domani sarebbe previsto un giro a Barro Grande e Barro Porto ma ci chiama Ruberto, uno dei catechisti che aiuta Don Ivo, per avvisarci che oggi è morto un ragazzo a Barro e nessuno avrebbe tempo per noi se andassimo. Il ragazzo si è sentito male per il gran caldo dopo essere arrivato a Barro a piedi da un altro villaggio. Cosa si può fare se ti senti male? Il più delle volte nulla, solo aspettare che ti riprendi. Se ti riprendi. Che senso ha preoccuparsi di un raffreddore o di una ferita se il giorno dopo capita un altro accidente e muori lo stesso? Il fatalismo di queste persone è dovuto non solo all’ignoranza ma anche alla mancanza di mezzi per contrastare le avversità. Noi in Italia andiamo in farmacia, chiamiamo il medico, il 118 se è un’emergenza. Combattiamo per superare un’avversità perché abbiamo la concreta speranza di farcela, basta volerlo, impegnarsi e il più delle volte ce la facciamo. Qui in Guinea Bissau non ci sono farmacie. I medici sono pochissimi, nessuno a Bigene. Non ci sono sale operatorie, non ci sono strade per portarti velocemente all’ospedale più vicino. Spesso non c’è neanche l’ospedale in Guinea Bissau. E comunque il concetto di ospedale non è certo quello europeo. Più che di ospedale sarebbe più corretto parlare di ricovero perché non si va oltre quello nella maggior parte dei casi. Quindi il fatalismo di fronte alla malattia e alla morte credo abbia un suo significato in queste condizioni.


Riguardo il programma del giorno successivo decidiamo quindi di rinviare la visita ai villaggi di Barro e di andare invece in tre villaggi vicini a Bigene.

Il pomeriggio poi speriamo di vedere la cerimonia conclusiva del fanado.

 

 

 

"il Signore è il nostro Dio;

noi il popolo che egli guida."

 

 

 

 

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Il sito dei Missionari di Bigene
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