1 Ottobre 2011 - Prima di Partire

 

Oramai è tutto pronto. Valigia, zaino, macchina fotografica, documenti. Domani partirò per 2 settimane in Guinea Bissau dove conoscerò di persona Don Ivo e visiterò la sua missione a Bigene. Prima della partenza, carico di aspettative, speranze ma spero non di illusioni, volevo raccontarvi come ho conosciuto Don Ivo e come è maturata la decisione di questo viaggio.


Don Ivo l’ho conosciuto all’inizio del 2010 commentando su Facebook un post del Corriere della Sera. Non ricordo bene l’argomento ma sicuramente era sull’Africa. Una signora si stupiva di come potesse esserci ancora la malaria in Africa: “Perché non mettono le zanzariere? Il problema non esisterebbe se si usassero le zanzariere!” Io commentai che certamente era come diceva lei dato che tutti in Africa hanno una casa, stanno in casa, e passano il loro tempo a scrivere idiozie su Facebook. Poco dopo Don Ivo, più garbatamente di me, faceva presente, parlando per esperienza diretta essendo missionario in Africa, che il problema era ben più complesso e se le zanzariere erano utili non potevano da sole risolvere il problema della malaria.

 

Un missionario che scrive su Facebook! Guardando il suo profilo vedo che vive a Bigene in Guinea Bissau e che ha un sacco di amici. Gli chiedo così anch’io di diventare amici (“gli chiedo l’amicizia” come si dice su Facebook) e dopo qualche giorno siamo “amici” senza sapere in realtà nulla l’uno dell’altro.

 

Piano piano però scopro l’esistenza del suo blog, della Onlus che l’appoggia (Amici di Bissau), e così comincio a conoscere tanti episodi della sua vita in Africa: episodi seri, divertenti, tristi in generale interessanti ma niente di più. Rimangono appunto episodi.

 

Finché in un post Don Ivo accenna a un ragazzino che sta rischiando di perdere la vista per una banale infezione ad un occhio. Mancano le medicine, manca un medico che possa visitarlo e quello che in Italia si risolverebbe in pochi giorni in Africa sta diventando una tragedia. Tragedia che in Africa però viene vissuta come una fatalità ineludibile. Proprio nelle stesse ore in cui sto leggendo quel post. Da quel post, dal desiderio di aiutare quel ragazzino, inizia la vera amicizia con Don Ivo e con Maio, 8 anni.

 

Maio da quel momento non è più uno dei milioni di ragazzini africani ma è il mio amico Maio. Partendo da Maio (che fortunatamente non ha perso l’occhio e adesso sostengo a distanza) e grazie a Don Ivo, vengo a conoscenza di tante altre storie importanti che avvengono poche ore prima che io le legga. Ho la consapevolezza che mentre leggo le storie degli abitanti di Bigene, loro le stanno vivendo in quel momento: madri che perdono il loro bambino, bambini con gravi problemi di salute, che muoiono per il morso di un serpente, genitori che non sanno fare i genitori. Problemi insomma che tutti noi sappiamo esistere in Africa in modo generico, quasi endemico, ma che io vivo in presa diretta e so, grazie ai racconti di Don Ivo su Facebook e sul suo blog, che hanno protagonisti reali. Le persone che vivono quei problemi hanno così un nome, sono persone concrete e che so che stanno soffrendo proprio mentre io leggo le loro storie.

 

Questa consapevolezza di poter aiutare non dei “semplici” bimbi africani, in fondo anonimi, ma tanti ragazzini come Maio, mi sprona a sostenere Don Ivo.

 

Prima di tutto economicamente, attraverso l’Onlus Amici di Bissau. Partendo da questo impegno partecipo così alla fine del 2010 alla raccolta organizzata dagli Amici di Bissau di materiale scolastico per le scuole di Bigene e dintorni. E’ in questo modo che conosco anche Sergio, Mara, Maria. Sono tutti amici che da Foggia, dov’è la parrocchia da cui Don Ivo è partito per la Guinea Bissau, aiutano appunto Don Ivo nel suo lavoro in Africa. Mi impegno allora anch’io con loro e riesco a raccogliere quasi 900 euro tra amici e colleghi di lavoro e a Natale 2010 con quella somma compro: 504 matite, 200 penne, 580 quaderni, 50 scatole da 24 matite colorate, 50 album da disegno, 60 temperini, 160 gomme da cancellare, 50 dispenser di sapone liquido (per imbastire un minimo di educazione sanitaria). In totale 130 kg di materiale raccolto in 7 pacchi spediti via posta a Foggia a da qui con un container a Bigene, in Guinea Bissau. Sul blog di Don Ivo potete leggere la storia di questo container e nei prossimi giorni alcuni di quei pacchi li consegnerò di persona io stesso.

 

Oramai con Don Ivo, Sergio e gli altri Amici di Bissau siamo veramente amici, accumunati dal desiderio di aiutare gli abitanti di Bigene. E sostenere l’educazione dei loro bambini è il primo passo per dargli la possibilità di un futuro migliore. Non sostenerli vuol dire negargli questo futuro. Pubblicizzando la raccolta di quaderni e matite per Don Ivo ebbi a scrivere:”Nelle scuole di Bigene non ci sono quaderni o matite. Le lezioni sono solo orali, senza la possibilità di imparare veramente a leggere e scrivere. Il rischio di questa popolazione povera è quello di rimanere sempre più povera, sempre più arretrata rispetto anche alle altre popolazioni africane, non riuscire mai a trovare la spinta al proprio interno per affrontare e risolvere i tanti altri problemi che affliggono questo territorio. Se invece i bambini avessero un quaderno e una matita potrebbero imparare molto di più e un giorno avere una possibilità in più nella loro vita. Senza un quaderno e una matita non avrebbero questa possibilità.”

 

E da qui, dopo aver spiegato come ho conosciuto Don Ivo, parto a spiegare il perché di questo viaggio. Oltre al piacere di conoscere personalmente Don Ivo, sono voluto andare in Guinea Bissau per conoscere la realtà africana, capire come “loro” ci vedono, cosa si aspettano da noi. Sempre che si aspettino qualcosa. Capire se gli aiuti che possiamo mandare loro dall’Italia sono veramente utili o meno. Mentre scrivo queste righe, prima di partire per la Guinea Bissau, sono convinto che i problemi dell’Africa sono in realtà problemi strutturali per i quali l’impegno dei privati, o anche delle grosse organizzazioni, non sarà mai risolutivo. Perché cambi qualcosa sono necessari cambiamenti strutturali nella politica e nell’organizzazione mondiale dell’economia. A tal proposito diceva Giovanni Paolo II nella sua enciclica Centesimus Annus: “L’uomo […] è anche condizionato dalla struttura sociale in cui vive, dall’educazione ricevuta e dall’ambiente. Questi elementi possono facilitare oppure ostacolare il suo vivere secondo verità. Le decisioni, grazie alle quali si costituisce un ambiente umano, possono creare specifiche strutture di peccato, impedendo la piena realizzazione di coloro che da esse sono veramente oppressi. Demolire tali strutture e sostituirle con più autentiche forme di convivenza è un compito che esige coraggio e pazienza.”

 

Ciò non toglie che nell’immediato, nonostante questi problemi geopolitici e macroeconomici su cui poco posso influire, io posso però essere di aiuto immediato per Maio, per la sua famiglia e gli altri abitanti di Bigene. Non sto parlando di assistenzialismo ma di sostegno a un amico che vive una realtà oggettivamente problematica. Nel mio viaggio desidero quindi conoscere di persona gli amici che ho conosciuto dai racconti di Don Ivo e dargli una mano, se possibile, ad uscire dal pantano della miseria economica, culturale, morale in cui probabilmente sopravvivono. Lo scoprirò tra qualche giorno.

 

In questo momento penso che l’aiuto più grande di cui hanno bisogno non è solo un aiuto economico ma un aiuto a far fruttare le proprie capacità e potenzialità. E questo credo sia possibile migliorando prima di tutto il livello base di educazione e creando una mentalità aperta alle novità. Solo così potranno prendere in mano la loro vita, affrancarsi e non attendere più solo gli aiuti esterni, non dipendere da soluzioni importate dai Paesi occidentali ma trovare loro, autonomamente, il modo di migliorare la propria vita secondo principi, valori, aspirazioni africani e non d’importazione.

 

Dubitando a questo punto della mia capacità di spiegare le motivazioni alla base del mio impegno per Bigene e del mio viaggio in terra africana chiudo questa mia nota con due citazioni.

 

La prima è di Joseph Ki-Zerbo, intellettuale del Burkina Faso: “Il cotone grezzo che esportiamo (50% delle entrate da importazioni) non veicola nessun messaggio da parte delle nostre culture africane. Rimane muto, mentre macchina, frigo, computer, cellulare sono dei messaggi, veri missili culturali che ci trasformano in homo cocacolens” (Da “Punti fermi sull’Africa”, Ed. EMI). Secondo me l’Africa non deve copiare il modello occidentale ma, sfruttando l’esperienza occidentale, creare le proprie strutture di sviluppo basate sui propri valori e non su valori importati. Altrimenti l’Africa sarà sempre condannata a recitare il ruolo assegnatole dall’occidente, alla posizione di sottomissione e di sottosviluppo previsto nel modello occidentale. Ma quali sono i valori e le strutture che potrebbe sfruttare la Guinea Bissau? Spero di imparare qualcosa in proposito in questo mio viaggio.

 

La seconda citazione è di Papa Benedetto XVI: “Il vertice della conoscenza di Dio si raggiunge nell’amore; quell’amore che sa andare alla radice, che non si accontenta di occasionali espressioni filantropiche, ma illumina il senso della vita con la Verità di Cristo, che trasforma il cuore dell’uomo e lo strappa dagli egoismi che generano miseria e morte.” (dal discorso durante l’udienza particolare all’Università Cattolica di Milano in occasione del 90° dalla fondazione, 21 maggio 2011). Questa frase credo riassuma al meglio il senso che do alla vita in generale e che cerco di dare, tra mille difficoltà, alla mia vita in particolare.

 

Parto allora, con l’augurio che in questo viaggio io possa aprire gli occhi, farmi toccare il cuore e trovare degli amici. Illusioni? Lo scoprirò nei prossimi giorni.

 

Next or Up

Il sito dei Missionari di Bigene
Il sito dei Missionari di Bigene